In assenza di reazioni mentre scrivo, di buon’ora come al solito, non so come l’avrà presa o la prenderà Matteo Renzi vedendosi nella vignetta di giornata del Corriere della Sera in groppa ad un cammello d’Arabia nella corsa appena annunciata al Parlamento europeo, ma in Italia non in Arabia, per rappresentare il Centro, senza l’apostrofo usato a doppio senso da Emilio Giannelli. Non so se avrà riso o riderà fingendo a se stesso o avrà pensato, o penserà ad un complotto, questa volta tutto mediatico, senza contributi giudiziari, contro il progetto politico nato litigando con l’ormai ex socio Carlo Calenda del cosiddetto terzo polo improvvisato nelle elezioni politiche dell’anno scorso.
LA VIGNETTA DI GIANNELLI SU RENZI
Certo, uno vede la vignetta di Giannelli, legge il richiamo in prima pagina di un’intervista del vice presidente forzista del Senato Maurizio Gasparri all’Identità di Tommaso Cerno in cui si dice che “Renzi prende più soldi in Arabia che voti qui”, da noi, e gli viene francamente da ridere concordando. Sono note le difficoltà dell’ex presidente del Consiglio nelle campagne elettorali da quando perse, nel 2016, il referendum sulla riforma costituzionale, affrontò da semplice segretario del Pd il rinnovo ordinario delle Camere nel 2018, superato sia dal centrodestra a trazione leghista sia dai grillini, e se ne andò dal Nazareno dopo avere salvato a favore delle 5 Stelle la legislatura a rischio di fine anticipata per le papeiate di Matteo Salvini.
Ora, pur di aiutarlo a sopravvivere nella corsa al centro pescando nelle acque elettorali del Pd e anche in quelle forziste prive del trascinamento berlusconiano, contese in verità anche dai suoi fratelli e sorelle d’Italia, Giorgia Meloni da Palazzo Chigi sarebbe disposta a regalare a Renzi una riformetta di corsa per abbassare dal 4 al 3 per cento la soglia di accesso al Parlamento europeo che dovrà essere rinnovato l’anno prossimo. Ma uno stop è già arrivato alla presidente del Consiglio per canali non tanto riservati dalla Lega e da Forza Italia, indisponibili al sacrificio dei tacchini, peraltro fuori stagione, dovendosi votare in primavera e non durante le feste di fine anno. Ma sotto sotto poca voglia di favorire Renzi c’è anche nel partito – come dicevo – della Meloni, dove l’ultimo arrivato da quella che fu la Dc, Gianfranco Rotondi, va sostenendo e spiegando che il Centro, con la maiuscola, può ben essere considerata la destra ex estremista e ora conservatrice della premier cresciuta di cicoria e politica alla Garbatella, per usare un’immagine rutelliana.
L’ERRORE DI RENZI
Il guaio, l’errore, la disgrazia di Renzi è di avere deliberatamente rinunciato quando ne ebbe l’occasione al ruolo del riformista di sinistra capace di riprendere il disegno di Bettino Craxi, che lui liquidò invece come un leader “diseducativo” per le sue vicende giudiziarie, preferendogli la memoria e quindi l’eredità di Enrico Berlinguer. Fu la sua occasione perduta, senza neppure evitare i labirinti giudiziari del leader socialista.