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Mattarella

Il garbato rabbuffo di Mattarella (anche) ai magistrati

Che cosa ha detto indirettamente Mattarella sulle tensioni fra governo e magistratura, auspicando concordia istituzionale e costruttive mediazioni. I Graffi di Damato

Il Mattarella evocato ieri dal Fatto Quotidiano come un fantasma incombente sul governo, in procinto di intervenire con un decreto legge per rendere più chiara e vincolante la propria competenza nella individuazione dei paesi sicuri verso cui potere disporre il rimpatrio dei migranti clandestini, si è materializzato. Ma non nel senso, nella direzione unilaterale a favore dei magistrati che rivendicano la loro competenza in materia interpretando norme e sentenze di livello anche europeo.

Se vogliamo considerare “altolà, come ha fatto Repubblica, quello appena lanciato dal presidente della Repubblica, ospite del festival delle regioni e delle province a Bari, esso è stato rivolto a entrambe le parti entrate in conflitto: al governo ma anche alla magistratura, partecipi entrambi di istituzioni tenute a collaborare, non a scontrarsi. Tenute a non limitarsi “a visioni di parte”, come ha detto Mattarella, scommettendo su norme, procedure e quant’altro di controversa interpretazione. E perfettibili, aggiungo a proposito dell’intervento legislativo che sta per arrivare dal Consiglio dei Ministri usando le procedure d’urgenza previste dalla Costituzione, per renderle più chiare.

Che la magistratura non possa considerarsi estranea al monito del Capo dello Stato lo ha detto, o ammesso, l’insospettabile presidente emerito della Corte Costituzionale Gustavo Zagrebelsky parlando a distanza dal suo studio privato a Massimo Gramellini e a Corrado Augias seduti nello studio televisivo della trasmissione “in altre parole” de la 7. Che, sia pure tra sorrisi e ringraziamenti convenevoli, debbono essere rimasti alquanto delusi, aspettandosi una lettura di Zagrebelsky delle parole, appunto, di Mattarella solo in chiave polemica, e di avvertimento, per il governo. E per la premier Meloni, in particolare, che aveva appena polemicamente diffuso peraltro attacchi politici rivoltele per chat da un magistrato chiaramente di parte.

Forse, anzi di certo, la posizione della Meloni, decisa a difendere le prerogative del governo e, più in generale, della politica che legifera in Parlamento, non è aiutata dai toni comiziali del vice presidente leghista del Consiglio Matteo Salvini, che liquida per esempio come “porci e cani” i migranti clandestini soccorsi in mare o comunque approdati sulle coste italiane, e ora sottoponibili in appositi centri allestiti in Albania alle procedure preliminari per la definizione delle loro pratiche. Ma che la premier abbia posto un serio problema sul tavolo istituzionale non c’è dubbio. Ed è un problema che investe, in via più immediata per le sue competenze in ordine all’emanazione di un provvedimento d’urgenza come un decreto legge, anche il capo dello Stato espostosi col suo intervento a Bari. Non so francamente se proponendosi anche come mediatore, e non solo come risolutore.

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