Il discorso netto, che non lascia adito a dubbi o attenuanti, pronunciato dal Presidente Sergio Mattarella in occasione della cerimonia di inaugurazione dell’evento “Procida , capitale della cultura 2022” dovrebbe chiarire le idee, in Italia e altrove, a chi solleva obiezioni, distinguo, insinuazioni e ribaltamenti di responsabilità rispetto alle recenti stragi di Mariupol, Bucha e Kramatorsk, e in generale alla campagna militare di aggressione cruenta della Russia che ha invaso l’Ucraina, uccidendo migliaia di civili, distruggendo case, manufatti e radendo al suolo città e paesi. “L’aggressione compiuta contro l’Ucraina, contro la libertà e la stessa vita dei suoi cittadini, da parte della Federazione Russa, costituisce una ferita che colpisce la coscienza di ciascuno”: non sono le parole dell’opinionista di turno, ascoltate nella babele televisiva dei benpensanti che vede contrapposti coloro che accusano Putin di realizzare veri e propri crimini di guerra e altri che esprimono posizioni dubitative o apertamente negazioniste, incolpando Zelensky di aver inscenato una fiction dell’orrore, un film con attori e comparse, finti morti e soprattutto accusando gli ucraini di uccidersi tra di loro per riversare le colpe sull’esercito inviato da Mosca.
Prende dunque posizione il Capo dello Stato in modo talmente chiaro da tacitare equivoci di sorta.
Non è retorica di Stato ma avvertita consapevolezza di un’aggressione crudele e sanguinosa perpetrata contro la popolazione civile ucraina, in particolare le donne, i bambini e gli anziani.
Un orrore inimmaginabile dopo le tragedie del 900: nessuno avrebbe immaginato che certi eventi si ripetessero in crudeltà ed efferatezza, rinnovando ancora nel XXI secolo quei sacrifici umani che hanno lasciato segni indelebili nella storia e nella memoria e che non dobbiamo dimenticare, pena la soccombenza della ragione e dell’etica condivisa a fronte di una nuova barbarie di inaudita violenza.
Lo sdegno del Capo di Stato che in questa occasione rappresenta più che mai il popolo italiano è evidente, ad esso va attribuito il peso che merita sia negli scenari internazionali sia rispetto alle istituzioni del nostro Paese: si rivolge alla coscienza di tutti e direttamente alla politica, il Presidente, evocando valori e sensibilità che riguardano l’intera Nazione. Mattarella non lo dice apertis verbis ma si capisce bene che intende mettere la parola fine all’ubriacatura mediatica che genera sconcerto e disorientamento: quanto egli esprime con forza e chiarezza dovrebbe indurre coloro che azzardano interpretazioni dubitative ad osservare la realtà dei fatti e degli eventi.
“Viviamo giorni terribili. Siamo travolti da immagini che pensavamo aver consegnato per sempre all’archivio degli orrori non ripetibili nel nostro continente. Invece altro sangue innocente, altre vite spezzate, altri crimini spietati stanno nuovamente popolando gli abissi della disumanità”…..” “E’ in gioco il destino dell’intera Europa, che si trova a un bivio tra una regressione della sua storia e la sua capacità di sopravvivere ai mali del proprio passato, e di superarli definitivamente”….”
“I popoli europei sono intimamente legati da fili che la storia ha reso forti, preziosi, insostituibili: non possono e non devono essere lacerati per colpa di chi ha fatto ricorso alla brutalità della violenza e della guerra”.
Il Presidente affida proprio alla cultura, che significa ‘radici’, tradizioni’, ‘valori’, ‘civiltà’, ”genius loci” il compito di inondare di luce e di ricerca del vero e del giusto i tempi angoscianti che stiamo vivendo: “Anche l’energia della cultura deve soccorrerci per fermare la guerra. Costruire la pace è un impegno che richiama i valori più profondi, a partire dal diritto di ciascuno a vivere in libertà, a scegliere il proprio destino – prosegue il Capo dello Stato -. Il patrimonio culturale genera patrimonio morale su cui risiede la civiltà di un popolo. Genera umanesimo. Sono le risorse che permettono ai popoli di ripartire, di rialzarsi, di ricostruire sulle macerie. Di riprendere a dialogare, di costruire su orizzonti comuni. La cultura respinge la pretesa di chi vuole trascinarla nel vortice della guerra. Ribadisce, al contrario, la sua limpida vocazione al dialogo e alla pace”. Fare appello alla cultura come motore di pace e di concordia tra i popoli vuol dire ripercorrere la storia dell’umanità, nei suoi corsi e ricorsi: in particolare questo richiamo così appropriato, pertinente ed autorevole mette in risalto la centralità dell’Europa, pur tenendo conto dei suoi travagli, dei distinguo che ancora impediscono di realizzare quella compattezza di intenti e di visione che è l’ineludibile premessa per ogni scenario futuro che attende – tra mille incognite – i destini del vecchio continente.
Un compendio di saggezza e di lungimiranza che i megafoni del negazionismo preconcetto e acritico non riescono a silenziare, necessario perché si colgono segnali allarmanti di pregiudizio ideologico, di indifferenza acritica, di nichilismo acefalo da parte di chi si ostina a mettere tutto in perenne discussione, sostituendo valori e ideali con opinioni effimere, transeunti, legate a doppio filo ai luoghi comuni del sospetto e dei complotti, con le loro derive irrazionali e dense di pericoli per tutti.
Il discorso pronunciato da Mattarella è un forte richiamo alla lettura delle evidenze contro l’opinionismo dilagante: non credo sia sfuggita al Capo dello Stato la nebulosità che avvolge una certa informazione ricorrente, che si trincera dietro il dubbio e usa la trasparenza come un’arma a doppio taglio, per ribaltare la realtà, uccidendo due volte le vittime di questa insensata follia che semina terrore, morte e distruzione e che ha un unico mandante.