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Salvini

Chi e come ha stravolto il discorso di Draghi al Meeting di Rimini

Che cosa ha detto e che cosa ha fatto capire Mario Draghi nel discorso al Meeting di Comunione e liberazione a Rimini. La nota di Paola Sacchi

 

Chi forza le parole di Mario Draghi al meeting di Rimini in chiave anti-“destra” parla di un avvertimento contro i cosiddetti “sovranisti”. E questo nonostante che nel programma unitario del centrodestra siano fissati i paletti dell’appartenenza alla Ue, “meno burocratica e più politica” e all’Alleanza Atlantica.

Ma, se si va alla sintesi politica del discorso del premier, che comunque mette in guardia da “protezionismi” e “isolazionismi” e invita a non abbandonare la difesa dell’Ucraina, il messaggio principale è l’esatto contrario di quello allarmistico del centrosinistra sull’eventuale vittoria della “destra”. Ovvero, lo schema sul quale il Pd, con a seguire ormai il “terzo polo” di Matteo Renzi e Carlo Calenda – quest’ultimo con toni più accesi – ha impostato la campagna elettorale.

Draghi afferma con nettezza, invece, che “qualsiasi” governo ci sarà, “l’Italia ce la farà anche questa volta”. Ed esorta gli italiani ad andare a votare. Un messaggio radicalmente diverso, quindi, dal centrosinistra che paventa sfracelli, “caos” (Calenda) se vince la “destra”. Commenta Stefania Craxi, presidente commissione Esteri del Senato, candidata FI: “Draghi smonta la falsa narrazione del Pd”.

Si dirà che una personalità come Draghi, chiamato per guidare un governo di emergenza nazionale, dove quasi tutti entrarono a far parte, non poteva ovviamente che fare un discorso di fiducia nel futuro e in tutte le forze politiche della sua maggioranza, che si stagliasse al di sopra delle beghe elettorali. Qualche osservatore forse troppo malizioso ci ha visto persino l’ipotesi che Draghi un giorno possa insediarsi sul Colle, chissà. Un fatto è che quello di Draghi non è suonato come un discorso di mero commiato. E però, un po’ paradossalmente, ad apparire in affanno è proprio quel “terzo polo”, dato a cifre basse nei sondaggi, nato con lo scopo di impedire una netta vittoria del centrodestra, provocarne una non vittoria, tipo quella di Pier Luigi Bersani nel 2013, per poi chiamare di nuovo Draghi per la guida del governo.

Quale governo? Calenda, anche nel caso il centrodestra vinca con una maggioranza debole, ipotizza che l’esecutivo duri 6 mesi per poi dare il via a grandi rimescolamenti di carte. Con maggioranze “Ursula” allargate alla “parte sana della Lega”. Termini che evocano repertori di comunista memoria, quando il Pci, come in un classico, si appellava alla “parte sana del Paese”. Il leader di Azione evoca scenari di scissioni nella Lega, che hanno tenuto banco per mesi sui media mainstream, senza però mai verificarsi. E, comunque, Calenda insiste: “Porte aperte anche a Giancarlo Giorgetti (ministro, vicesegretario della Lega, riconfermato da Matteo Salvini nelle candidature ,ndr)”. Poi, il leader di Azione attacca gli stessi elettori leghisti accusandoli di “avere problemi se credono in Salvini”. Igor Iezzi, deputato, della segreteria di Via Bellerio, lo invita a “chiedere scusa a Salvini e agli elettori della Lega”. Pd e “terzo polo” partono all’attacco del centrodestra con una narrazione sulla fine del governo di emergenza nazionale contrastante però con i fatti della crisi.

Accusano Lega e Forza Italia di averlo fatto cadere insieme con i Cinque Stelle. Ma Silvio Berlusconi e Salvini avevano proposto un Draghi bis senza i pentastellati, ovvero gli autori della crisi aperta con il non voto di fiducia sul decreto Aiuti. Lo stesso Renzi inizialmente aveva anche lui proposto un Draghi bis senza Cinque Stelle. E sempre il leader di Iv aveva rivelato in un video le presunte manovre del Pd sui pentastellati perché votassero un Draghi bis, presentato loro “in realtà come un Conte ter”.

Insomma, un bel pasticcio che non avrebbe certo potuto avallare il centrodestra di governo, peraltro vistosi scalzato da Letta nei colloqui con Draghi il giorno precedente alla caduta del governo in Senato. Solo nel tardo pomeriggio, preceduti da una telefonata di protesta di Berlusconi, Antonio Tajani, Salvini e Maurizio Lupi furono ricevuti a Palazzo Chigi. Riavvolgendo il nastro del film della crisi, la situazione di sbilanciamento a sinistra dell’esecutivo di quasi tutti, emerge anche dai giorni precedenti in cui Letta mise sotto stress la maggioranza portando in parlamento provvedimenti divisivi come quelli su cannabis e ius scholae dopo 5 anni. Stefano Candiani della Lega in Senato disse a Draghi: “Non c’è una maggioranza di figli e figliastri”. Era solo poco più di un mese fa.

Ora il centrodestra è tutto concentrato in una campagna elettorale che lo riporti a Palazzo Chigi. Salvini consiglia i suoi nei comizi di restare “con i piedi per terra e non dare per scontata la vittoria”, fotografata dai sondaggi con uno stacco anche del 16 per cento. Il leader leghista non rinuncia all’obiettivo di far tornare “la Lega primo partito”. Del discorso di Draghi apprezza che abbia chiesto un tetto al prezzo del gas in Europa. Ma, aggiunge Salvini, “nell’attesa, l’Italia si può e si deve muovere da sola, estraendo e importando più gas, liberando tutti gli impianti bloccati dalla burocrazia”. E, “come sta facendo il resto del mondo, utilizzando tutte le fonti di energia: gas carbone e nucleare pulito”. Proposte che differenziano, con la riduzione della pressione fiscale e la flat tax, la sicurezza, il centrodestra dal centrosinistra.

Berlusconi, nella sua pillola di programma quotidiana sui social, torna sulla costruzione del Ponte sullo Stretto. Giorgia Meloni, dopo essere stata attaccata da Letta per aver postato il video, pubblicato dai giornali, poi rimosso, sullo stupro a Piacenza, pone l’accento sull’emergenza sicurezza “nelle nostre città: microcriminalità diffusa, violenze, spaccio a cielo aperto, baby gang”. La presidente di FdI propone “un maggior presidio del territorio, con incremento di risorse e dotazioni delle forze dell’ordine”. E rilancia l’operazione “Strade sicure”.

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