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Quota 100

Vi spiego perché elogio il discorso di Draghi in Parlamento

Draghi in Parlamento sull'Ucraina è stato chiaro, essenziale e netto. Il commento di Giuliano Cazzola

 

Rispetto al dibattito sviluppatosi nei giorni scorsi sul dossier Ucraina, in occasione della sua informativa al Parlamento Mario Draghi è stato chiaro, essenziale e netto. “La risoluzione, approvata a larghissima maggioranza, che ha impegnato il governo, tra l’altro, a: sostenere dal punto di vista umanitario, finanziario e militare l’Ucraina; a tenere alta la pressione sulla Russia, anche attraverso sanzioni; a ricercare una soluzione negoziale; ha guidato in modo molto chiaro l’azione di governo e ha rafforzato la nostra posizione a livello internazionale. Il governo”, ha concluso il premier, “intende continuare a muoversi nel solco di questa risoluzione’’.

In sostanza, non sono necessarie revisioni della linea di condotta del governo, il quale è stato autorizzato dal Parlamento (non solo con la risoluzione, ma anche attraverso il decreto Ucraina) ad agire in coerenza con le decisioni assunte, fino a tutto l’anno in corso. Nella sua ultima beffa, il composito aveva preso come pretesto l’esigenza di un riesame degli impegni assunti in ragione del cambiamento della situazione sul campo, caratterizzata da un minore squilibrio tra le forze combattenti. Basti pensare che l’obiettivo più importante a carico della comunità internazionale sembra essere, oggi, quello di non “umiliare” la Russia e il suo autocrate; gli stessi soggetti di cui, all’inizio dell’invasione, era data per sicura e immediata la vittoria, tante che era giudicato irresponsabile e criminale ogni tentativo di difesa e resistenza.

Del resto, sia la Lega che il M5S (tutto? In parte? Quale frazione?), avendo votato a favore delle risoluzione e dei provvedimenti legislativi adottati, non potevano fare altrimenti se non sostenere che nel nuovo contesto occorresse cambiare registro. Matteo Salvini – presentandosi tutte le volte come portavoce (non autorizzato) del Pontefice – continua con la solita litania: le armi non conducono alla pace, ma richiedono ulteriori armi. E quindi è venuto il momento di “disarmare” l’Ucraina, perché la guerra ha già provocato troppi danni a questo martoriato paese.

Siamo sempre lì: non si capisce come possa la nazione aggredita risparmiare vite e distruzioni se l’aggressore continua ad usare le sue, senza subire adeguate reazioni. Il “fronte del disarmo” una risposta la fornisce; anzi, mentre prima era sottintesa adesso diventa esplicita. E trova un punto di forza (arbitraria) nel dogma apocrifo “non umiliare Putin” da cui consegue che al tiranno del Cremlino vanno soddisfatte le sue pretese imperialistiche. In questa mano, però, Draghi ha giocato una briscola: “Se oggi possiamo parlare di un tentativo di dialogo è grazie al fatto che l’Ucraina”, ha detto il premier, “è riuscita a difendersi in questi mesi di guerra. L’Italia continuerà a sostenere il governo ucraino nei suoi sforzi per respingere l’invasione russa”. Perché “dovrà essere l’Ucraina, e nessun altro, a decidere che pace accettare. Anche perché una pace che non fosse accettabile da parte dell’Ucraina non sarebbe neanche sostenibile”.

Draghi, poi, ha ribadito la posizione favorevole dell’Italia all’ingresso dell’Ucraina nella Ue; e all’adesione di Finlandia e Svezia alla NATO. A questo scopo, Draghi è anticipato di avere in programma una missione ad Ankara per confrontarsi con Erdogan. Ma nella conferenza stampa svolta dopo l’incontro di ieri a Palazzo Chigi con Sanna Marin, il premier ha fatto un’affermazione molto importante che non ha ripetuto in maniera altrettanto netta nella informativa al Senato. È il medesimo impegno assunto da Boris Johnson nei confronti dei due paesi candidati nel caso di un’aggressione. Draghi non ha posto limiti per quanto riguarda la natura e la portata dell’impegno, rinviando la decisione a ciò che sarà ritenuto necessario in quell’eventualità.

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