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Maria Giovanna Maglie

Vi racconto Maria Giovanna Maglie

Maria Giovanna Maglie ricordata da Paola Sacchi.

 

Una volta in tv a un vignettista rosso, duro e puro, di quelli con la sindrome stalinista contro il “traditore interno”, che le rimproverava incoerenza tra le sue posizioni di oggi e quelle di quando era una giovane giornalista dell’Unità, ancora organo del Pci, Maria Giovanna Maglie, scomparsa ieri a 70 anni, rispose dura, incacchiata davvero ma per niente in difficoltà: “Ma tu che ne sai? La mia generazione o entrava nel Pci oppure in quegli anni se voleva contestare o si drogava o diventava terrorista”. Un’accusa ricorrente a Maria Giovanna, come se solo lei al mondo in tutta l’area oggi vicina al centrodestra avesse avuto a che fare con la sinistra in questo Paese.

A tutti quelli che all’opposto oggi sembrano, invece, nati sotto il cavolo del liberalismo puro (se fosse così il Pli avrebbe dovuto avere cifre altro che da cabina telefonica, come la celebre metafora del grande comico Alighiero Noschese) e che social-discettano con molta superficialità di Pci in generale, andrebbe ricordato che in quegli inizi dei 70 Bettino Craxi non c’era ancora sulla scena nazionale, che il Psi era vassallo del Pci e la Dc con tutti i suoi innegabili meriti storici di baluardo della libertà era però contro il divorzio e a scuola in qualche liceo della bella provincia del Belpaese l’insegnante ti tagliava persino l’orlo con le forbici perché il grembiule nero era troppo mini.

Chiaro che per molti giovani borghesi che volevano ribellarsi e avevano passione politica, anche contro le loro stesse famiglie, ma restando nella legalità, senza deliranti e pericolose derive estremiste e gruppettare, non restò che entrare nel Pci. Il Pci, partito composito e complesso (dentro c’erano anche seppur minoranza i cosiddetti miglioristi, filocraxiani, partito certamente dalle radici illiberali e dalla visione totalitaria, cui la storia ha dato torto mentre ha dato ragione a Craxi, a tutt’oggi l’unica vera sinistra moderna e come tale anticomunista) nella sua visione egemonica seppe attrarre anche giovani e donne della media e alta borghesia. Quelli che non avevano bisogno del partito per campare e che comunque avevano mezzi per farsi una professione, a prescindere. Fu il contrario: era il partito e i suoi organi di stampa ad aver bisogno di loro.

Maria Giovanna come me entrò ventenne a L’Unità, quella da un milione di copie. Lei assunta da Alfredo Reichlin, la sottoscritta da Emanuele Macaluso. “Mary Jo” era fonte di luce, ironia, intelligenza autonoma anche in quel giornale che sui social viene sempre mummificato nell’ingiallita prima pagina sulla morte di Stalin, quando noi neppure eravamo nate. Maglie era irriverente con tutti, anche nel fu organo del Pci, come fino all’ultimo non si risparmierà di dire liberamente la sua anche ai leader del centrodestra cui era vicina. E che meritoriamente, a cominciare da Matteo Salvini, primo tra i leader, dopo l’annuncio via Twitter di Francesca Immacolata Chaouqui, vicina fino all’ultimo a Maglie, a dare ieri la triste notizia, l’hanno apprezzata e sostenuta. A renderle omaggio anche il premier Giorgia Meloni e i due presidenti di Camera e Senato, Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa.

Apprezzata e stimata nel centrodestra, mentre certa sinistra ha continuato a demonizzarla, lei nei miei primi flash di ricordi, a poche ore dalla sua prematura morte, resta quella della nostra gioventù. La ragazza bionda e elegantissima per tradizione familiare che nell’open space dell’Unità, a Roma, nella storica sede di Via dei Taurini ventenne, ma già tre o quattro lingue e tanto studio, entrava nella sezione Esteri del giornale, ritenuta l’élite dell’élite, insieme con il Politico. Erano tutti molto occhialuti, seriosi e non volava una mosca, e lei se ne usciva così per sdrammatizzare: “Aho! E che v’è morto er gatto?!”. Risate generali: “È arrivata Maria Giovanna”.

Una volta la vidi al centro dell’open space armata di un astuccio da trucco, con pennelli, ombretti, luccichini anni 80, sparsi sulla scrivania, dopo aver regolarmente consegnato il suo perfetto pezzo. Passò il potente redattore capo centrale, uomo severo ma anche con un suo spirito ironico tenuto però ben nascosto, che le disse: “Ma che fai?”. E Maria Giovanna, continuando imperterrita a truccarsi: “Tanto caro, a te non gioverebbe!”. Dalle risate momenti quasi viene giù un vetro dell’open space.

Altro flash sulla sua generosità. Un giorno si piazzò con la sua mole robusta sulla mia piccola Fiat 126, color verde mela, parcheggiata alla bene e meglio in Via dei Taurini, per poter andare di corsa alla riunione di redazione. Maria Giovanna impedì ai vigili di portarmela via con il carroattrezzi. “Mitica”, l’applaudirono i colleghi ammirati dallo “spettacolo della Maglie”. Poi lei prima, io, leggermente più piccola di lei di età, poi, con quel giornale della nostra gioventù entrammo in un serio conflitto non più ricomponibile sul piano delle idee. Il netto discrimine fu prima per lei, poi per me Bettino Craxi, dalla cui parte in realtà già eravamo pur stando nello stesso Pci.

Maria Giovanna ha pagato cara l’amicizia con Bettino. Per lei in Rai, dove lui la volle perché la giudicò subito molto brava e Craxi di giornalisti capaci si intendeva, ci furono due pesi e due misure. Nel mio piccolo poi andai a lavorare in un giornale di centrodestra, a Panorama allora del Gruppo Mondadori, primo news magazine italiano. Ci siamo rincontrate varie volte con “May Jo” che mi ha fatto l’onore di concedermi due bellissime interviste per Startmag, di cui una sulla fuga degli Usa da Kabul. Ma non l’ho mai sentita parlar male dei nostri ex colleghi della grande Unità. Di Piero Sansonetti ha sempre apprezzato il garantismo fin dai tempi della cacciata dall’Unità e dal Pci della nostra collega Marina Maresca. Ma certamente a Sansonetti, che ha fatto un tweet commosso su di lei, ricordando le grandi litigate e dicendo di averle voluto sempre bene, Maria Giovanna non risparmiava sui social critiche e punzecchiature. In realtà l’Unità quella vera terminò di esserci dal luglio del 2000, ovvero da quando si avviò ad essere un supplemento di Repubblica.

Maria Giovanna conobbe bene, attraverso amici comuni, personaggi del Pci del calibro di Giancarlo Pajetta, colui che andò alla camera ardente di Giorgio Almirante per ricambiare l’omaggio del segretario del Msi alla salma di Enrico Berlinguer. Il Pci era dalla parte del torto, per lei e per me imperdonabile l’attacco feroce a Bettino, l’aver avallato da parte dei suoi eredi la liquidazione del Psi e del suo leader per via giudiziaria. Ma chissà anche Maria Giovanna avrebbe forse detto, come me, che il pur sbagliato Pci avrebbe condannato l’indegna l’aggressione al ministro Eugenia Roccella al Salone del libro a Torino. Altra cosa è la deriva estremista e gruppettara (termine coniato dal Pci) del Pd.

Maglie è stata una grande giornalista, scrittrice e opinionista. Con il grande fiuto della cronista di razza. Fu lei a dire per prima che Trump avrebbe vinto. E per questo, già in pensione dal mio ex giornale Panorama della mia seconda vita professionale, la intervistai la mattina che Trump fu eletto per Il Dubbio, allora diretto da Sansonetti.

Maria Giovanna ha conosciuto, da “ragazza” come me dei 50, la strada impervia di donne borghesi che scelsero di fare le giornaliste e occuparsi sempre delle cosiddette cose degli uomini, ovvero la politica, fatto che le giovani giornaliste di ora danno per scontato. Ha conosciuto la strada impervia di mettersi contro il mainstream sostenendo Craxi fin da epoche non sospette. E ha conosciuto anche quel certo razzismo dell’età per cui, a maggior ragione se orgogliosamente non si è mai voluto far parte del salottino “buono” del politicamente corretto, anche se il giornalismo è passione di vita ed è mestiere che si può fare a vita, la regola sarebbe andare ai giardinetti.

La guerriera Maglie, a volte, per dirla obiettivamente tutta, sottovalutata anche dai giornali di area di centrodestra, non si è mai arresa. Piuttosto che non dire la sua, faceva solitarie e seguitissime dirette Facebook. Un esempio di combattente per la libertà. La piange la famiglia Craxi, cui lei fu sempre coraggiosamente molto vicina nella buona e cattiva sorte. Bobo Craxi, spesso in dissenso con lei, la ricorda con un tweet in cui dice addio a Maria Giovanna “giornalista e polemista di rango”. Stefania Craxi, senatrice di FI, presidente della commissione Esteri e Difesa di Palazzo Madama, apprende “con grande dolore la triste notizia della scomparsa di Maria Giovanna Maglie. Una donna libera, sempre alla ricerca della verità, che ha lottato fino alla fine. Ciao Giovanna. Ci mancherai”.

Eravamo tutti insieme, cara Maria Giovanna, tre anni fa per il ventennale della morte in esilio di Craxi. L’ultima volta con Te a Hammamet. Daniele Capezzone, editorialista del giornale La Verità, la ricorda al Tg4, intervistato da Stefania Cavallaro: “Una cara amica, una combattente sempre per la libertà”.

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