Riuniti a Parigi ieri su impulso del Medef, la Confindustria francese, i principali imprenditori e dirigenti transalpini hanno potuto ascoltare direttamente dai protagonisti i programmi economici dei partiti e delle coalizioni che si sfidano alle prossime legislative convocate dopo lo scioglimento del Parlamento. Ecco cosa hanno detto il candidato premier del Rassemblement National Jordan Bardella, l’esponente del Fronte popolare, Eric Coquerel, e l’attuale ministro delle Finanze, Bruno Le Maire, il cui intervento, a differenza degli altri, ha riscosso il consenso dell’uditorio.
Cosa ha detto Bardella.
Quello del leader lepenista, fa notare Reuters, è stato anzitutto il tentativo di convincere una platea perplessa che i timori per una possibile spesa fuori controllo e per la manomissione dei conti pubblici sono infondati.
“Ho capito che ho bisogno di rassicurare le persone”, ha detto infatti annunciando l’intenzione di lanciare, in caso di vittoria, un audit delle finanze pubbliche al fine di stabilire di quali margini di manovra disporrebbe un suo governo in vista di eventuali riforme.
Il prossimo esecutivo, sono state le sue parole, “dovrà essere guidato da principi di realismo e responsabilità”.
Bardella ha apertamente contestato, sottolinea Bloomberg, coloro che stimano in cento miliardi di euro il costo complessivo dei provvedimenti annunciati, spiegando come l’impatto previsto si misurerà peraltro nell’arco non di uno ma di più anni.
Il nodo delle pensioni.
E in merito alla controriforma del sistema pensionistico appena ritoccato da Macron, e dunque alla promessa di abbassare da 64 a 60 l’età pensionabile, il messaggio lanciato da Bardella è che tutto ciò interesserà solo coloro che hanno cominciato a lavorare prima di aver compiuto vent’anni.
Il budget, le tasse e l’Unione europea.
Bardella si è esplicitamente impegnato a rivedere il budget entro l’estate, in vista dell’adozione di provvedimenti pensati anche per corteggiare quel mondo del business ancora in fibrillazione.
Spicca tra le promesse quella di un taglio delle imposte che gravano sulle aziende. Contestualmente tuttavia il candidato ha spiegato di essere intenzionato a studiare il modo per neutralizzare gli stratagemmi fiscali con cui le grandi aziende evitano di pagare il dovuto.
Non è chiaro se i presenti abbiano apprezzato l’accento posto da Bardella sulla necessità di ridurre le spese dell’Unione europea e conseguentemente il contributo dato dal suo Paese a Bruxelles.
L’altro protagonista.
All’incontro ha preso la parola anche un altro indiziato di voler portare la Francia alla bancarotta, ossia Eric Coquerel in rappresentanza della France Insoumise e dunque del cartello delle sinistre.
Si può solo immaginare come siano stati accolti i suoi accenni ai piani di spesa extra e soprattutto la promessa di coprirli non solo e non tanto con la crescita economica ma alzando le tasse ai ricchi.
“Vogliamo che i miliardari paghino più tasse”, è stata una delle affermazioni di Coquerel senz’altro scioccanti per l’uditorio.
E ieri ci ha pensato Bloomberg a fare le pulci alla coalizione, stimando in 88 miliardi i costi di un programma, oltre a voler disfare la riforma pensionistica di Macron, vuole modificare in profondità il prelievo sui redditi, alzare il salario minimo e introdurre controlli sui prezzi dei beni primari.
Bloomberg riporta anche lo stupore della sala quando Coquerel ha contestato quella che lui ritiene essere l’eccessiva finanziarizzazione dell’economia e quando ha tentato di distinguere tra coloro che creano ricchezza e coloro che vivono nelle bolle borsistiche.
Applausi al ministro.
Come fa notare il New York Times, se l’intervento di Coquerel è stato accompagnato dal borbottio dei presenti, quello di un altro ospite illustre come l’attuale ministro delle Finanze Bruno Le Maire è stato salutato invece da sinceri applausi.
Parlando immediatamente dopo l’esponente lepenista, il ministro ha bollato come “folli” le proposte del primo.
“Il margine di manovra entro il budget è pari a zero”, ha ammonito Le Maire che ha ricordato come gli investitori siano anzitutto interessati alla stabilità.
A questo ha affiancato l’impegno, in caso di vittoria macronista, a procedere con la riduzione del deficit verso il target del 3% con l’auspicio di scendere sotto questa soglia.