Dopo essere stato superato – nel primo e molto partecipato turno delle elezioni anticipate da lui stesso disposte – di 22 punti dalla destra di Marine Le Pen, salita al 33,5 per cento dei voti, e di 17 punti dalla sinistra dichiaratamente “indomita” di Jean-Luc Melenchon, il presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron vive la sua settimana di passione, abbastanza fuori stagione. Che fa pure rima.
Domenica prossima egli saprà se perderà anche il secondo turno. O si salverà con la sua inedita alleanza con la sinistra nata da una emergenziale desistenza nei ballottaggi. O solo riuscirà ad “arginare”, come lui stesso in fondo ammette di sperare, l’avanzata della destra indicata in Italia dal Foglio come “il diavolo che veste Bardella”: il giovane di origini italiane e algerine che Marine Le Pen ha candidato a presidente del Consiglio in una coabitazione obbligata con Macron per niente rassegnato all’idea di abbandonare in anticipo l’Eliseo.
In competizione con la fantasia cinematografica del Foglio, che ha riesumato il celebre film del 2006 sul “diavolo che veste Prada”, Mario Sechi su Libero ha titolato su Micron, versione più sintetica del “Macron piccolo piccolo” del Fatto Quotidiano. Al quale il presidente francese sta antipatico, diciamo così, come al direttore del secondo giornale, per diffusione, della famiglia Angelucci.
A quest’ultima appartiene anche Il Tempo diretto dall’ex parlamentare di sinistra Tommaso Cerno, che ha promosso napoleonicamente in rosso – NapoLe Pen- la vera capa della destra francese, succeduta con la forza al padre ancora più a destra. E solo perché siamo di lunedì, quando escono meno giornali del solito, non ho altre fantasie o trovate di carta da segnalare.
A vivere più intensamente la settimana di passione di Macron in Francia, proiettandola in qualche modo anche altrove, al di là e al di qua dell’Atlantico, negli Stati Uniti a rischio di un ritorno di Trump alla Casa Bianca o nell’Italia governata da quasi due anni da Giorgia Meloni, è il Corriere della Sera con un editoriale di Aldo Cazzulo, probabilmente destinato prima o poi a diventarne direttore. “Ieri la destra francese – egli ha scritto – è passata dagli eredi di De Gaulle a quelli di Vichy e dell’Algeria francese, di una Francia provinciale e rancorosa che si pensava sconfitta dalla storia”. La quale “dirà – ha continuato Cazzullo – se Macron è stato l’uomo che ha ritardato questa metamorfosi inquietante, o colui che ha consegnato la Francia alla nuova destra”.
Anche la storia, e non solo la cronaca, vive dunque in questo luglio 2024 appena cominciato la settimana di passione del presidente francese.