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Le Pen

Macron e Le Pen alle ultime mosse (e scivolate) elettorali

Come prosegue la campagna elettorale per il ballottaggio delle presidenziali in Francia tra Macron e Le Pen. Il punto di Andrea Mainardi

 

 

E niente. Marine Le Pen non ce la fa. Convoca, un giorno dietro l’altro, due conferenze stampa su temi cruciali. Ha l’occasione di spiegare la sua posizione. Una volta su democrazia ed esercizio del potere, l’altra su diplomazia e politica estera. La tallonano tutti su queste faccende cruciali. Le riesce di offrire discorsi chiari, persino in parte condivisibili alle orecchie di parecchi liberal. Ma gli ultimi cinque minuti scivola e manda in mona tutto. È accaduto martedì a Vernon. Sembra credibile, volendo discutibile, ma non allarmante. C’è, al limite, il massimo della sgrammaticatura istituzionale nel battere il tasto referendum su tutto il governabile. Se attuasse di chiamare il popolo a decidere su tutto, si troverebbe per lo meno un Parlamento svuotato di legittimità.

Ma, insomma, nell’occasione almeno fa politica nell’ambito della République. Però sul finale ridicolizza i giornalisti. Non si trattiene nell’attribuire patenti professionali. Ne deride alcuni platealmente. Una sprezzatura sovranista da social populismo 2022. “Io so’ io e voi non siete un cazzo” alla marchese del Grillo, insomma. Alla domanda di un inviato sull’esclusione di alcune testate, ribatte: “Preferiamo accreditare giornalisti piuttosto che programmi di intrattenimento”. A un giornalista di Libération che le chiede: “Decide lei chi è giornalista e chi no?”, ridancia sfotticchiando:  “Oh sì. Sono a casa. Decido io”.

Il report di Le Monde è qui.  Quello di Libé qua.

Mercoledì peggiora. Per un 40 minuti di intervento su Nato, rapporto con l’Unione Europea e l’amico-nemico d’Oltre Reno, Germania, intrecci con la Russia e con Putin, passato-presente-futuro della Francia nel mondo, ha decostruito un po’ di titoli correnti. Di quelli che le attribuiscono gli avversari, quando la accusano di feroce antieuropeismo e bellicoso anti atlantismo, Frexit e uscita Nato, di chi si è venduta l’anima a Mosca anziché a Bruxelles. Per tutto il tempo il discorso Le Pen funziona. Ottimo storytelling. Forse troppo, citando a piene mani espressioni e posizioni di Charles De Gaulle. Del generale che tutti i francesi considerano l’unico vero oppositore di Vichy, il padre della Quinta Repubblica che ha statue in onore in mezza Francia.

In conferenza forse si accorge a malapena che una giovane attivista viene trascinata via di peso. Per lo meno non le dà peso. Ma la scena è brutta. Violenta. Un uomo barbuto e muscoloso che placca a terra e striscia via una giovane donna inerme e minuta fuori dalla sala, colpevole di avere alzato un cartello a forma di cuore con la foto di Marine e Vladimir che si stringono la mano nel 2017.

Caspita: dei rapporti con Putin, Le Pen aveva molto da chiarire. E lo ha fatto.

Però Marine non ce la fa a non scivolare. Finita la conferenza si precipita su twitter e in tv a precisare che l’operazione di evacuazione della contestatrice è stata condotta da uomini del signor Darmanin, il ministro degli Interni di Macron che di operazioni di polizia oltre i limiti nelle piazze e lungo i boulevard ne ha ordinate diverse. Darmanin risponde a stretto giro di cinguettio che l’uomo barbuto e trascinante non è un gendarme ma un militante di Le Pen, un addetto alla sicurezza, un uomo d’ordine di Marine. E pare aver ragione.

Effetto: il discorso di Le Pen su Ue e Nato viene subito archiviato, sorpassato dalla brutalità dell’imminente rischio democratico se Marine vincesse il secondo round. Come fai se ridicolizzi la stampa, nella patria delle gazzette libere o quasi, e meni un oppositore come un giacobino qualunque, a non parteggiare coi timori di una ingravescente svolta autoritaria vincesse Le Pen?

Il fatto è che il servizio d’ordine di Macron si era comportato in modo non dissimile a Pau, in marzo. E la signora allontanata con la forza dalla sala, allora non stava nemmeno protestando.

Macron non era neppure ancora entrato. La donna – invitata – stava solo riprendendo col telefonino e voleva poi porre una domanda al presidente-candidato sulla giustizia. Afferma che il servizio di sicurezza ha cancellato le sue ultime foto e video dal suo smatphone.

A proposito di libertà di stampa e censura? Arthur Berda di Le Figaro e France Inter spiega che la sequenza non poteva essere immortalata da nessuna telecamera o canale televisivo per la semplice ragione che il team della campagna di Emmanuel Macron accettava solo pool di giornalisti accreditati preventivamente e si assicura la registrazione e la trasmissione video. In sala c’erano Bfmtv e Tv7, ma erano in postazioni fisse, le telecamere non erano autorizzate  a circolare tra il pubblico.

I fatti di Pau li ha notati qualcuno e li ricorda nessuno. A Strasburgo, dopo il primo turno, il bis. Gendarmi, o servizio d’ordine di Macron, allontanano una contestatrice da una piazza.

Stessi modi che si vedono il giorno dopo nella sala di Le Pen. Ma a Strasburgo la scena non viene ripresa se non da qualche cittadino. Rilancia un giornalista di Valeurs Actuelles. Ma è un giornale di destra, quindi non vale.

Intanto, forse piccolo fatto, ma simbolico e rilevante assai. Mentre Le Pen discettava di esteri nell’elegante ottavo arrondissement, Macron discettava di pensioni tra ritiri e doppi ripensamenti da supercazzola del conte Mascetti sulla sua riforma – pensione aumentata a 65 anni, no 64; sì, no, forse… vabbé referendum? Forse, sì, no, sì – diverse centinaia di studenti della Sorbona, altri a Sciences Po, occupavano le aule dell’università. Rivedere il manieristico The Dreamers di Bertolucci, almeno per ricordare che il ’68 ha il suo apice a Parigi.

Oggi gli studenti non faranno male se gridano in italiano “siamo tutti antifascisti”. Son già stati ritirati dalla polizia che ha minacciato le maniere forti e sparato qualche lacrimogeno. Scaricati dal rettorato che ha interrotto qualsiasi dialogo.

Ansiosi di distinguersi pur di vincere le elezioni presidenziali, Emmanuel Macron e Marine Le Pen hanno invece denunciato insieme le occupazioni.

Quel che conta è l’ordine.

Ma un po’ di chiasso all’insegna del Ni Le Pen, Ni Macron gli studenti lo han fatto sentire.

Non sentirlo non pare lungimirante dato l’astensionismo giovanile già al primo turno. Tra i due finalisti, Macron ha i suoi migliori punteggi (41%) tra gli over 70 che sono molto affluenti (77% degli elettori). Le Pen ha circa lo stesso livello ovunque a seconda delle età, ma basso tra gli anziani. Mélenchon, terzo arrivato, col suo tesoro del 22%, ambito da entrambi, è in testa tra gli under 35, ma più di quattro su dieci si sono astenuti.

Diversamente dalle prime analisi del voto dopo il primo round, che dava gli elettori di Mélenchon più orientati a optare per Le Pen al secondo, oggi Ifop fotografa questa situazione: 33% per Macron, 18% Le Pen. Il 49% non si esprime.

Stando alle intenzioni di voto al ballottaggio, Macron è nettamente in vantaggio su Le Pen: 56% a 44%. Com’era che il 2022 era un ballottaggio differente dal 2017?

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