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Giorgetti

Ma che bel teatrino culinario fra Letta e Conte sul Quirinale

I Graffi di Damato su Letta, Conte e non solo

 

Giuseppe Conte ed Enrico Letta, in ordine rigorosamente alfabetico, debbono avere una ben scarsa considerazione dei giornalisti e dei lettori se hanno avuto la disinvoltura di far passare per “riservato” un loro incontro conviviale di due ore improvvisato a due passi da Montecitorio, in uno dei ristoranti più notoriamente frequentati dai politici. E per giunta sedendosi, non in fondo alla sala ma accanto ad una finestra per essere ripresi, sia pure in modo non molto brillante per qualità d’immagine, da una telecamera del Tg3. E facendo poi scrivere a tutti i cronisti, proprio tutti, di avere parlato, oltre che dei temi con i quali è alle prese in questi giorni il governo e dei risultati delle elezioni amministrative, anche della corsa al Quirinale. O soprattutto di questa, mi permetto di sospettare, peraltro a dispetto della “moratoria” proposta, o comunque impostasi da Letta nelle scorse settimane, in attesa che le Camere fossero convocate congiuntamente, in gennaio, per l’elezione del successore di Sergio Mattarella.

Via, onorevole Letta, ora che ha riacquistato con l’elezione a Siena questo titolo, peraltro non più disprezzato dai grillini, almeno da quelli di tendenza contiana: cerchi, per cortesia, di non prendersi più gioco dell’informazione di quanto non sia umanamente accettabile, con la pretesa di affidare un problema così importante sul piano istituzionale e politico ad un confronto, un negoziato e quant’altro tutto nascosto. Che è, peraltro, il modo peggiore per difendere l’elezione indiretta, e non diretta invece, del capo dello Stato, come preferirebbe invece la stragrande maggioranza degli italiani.

La verità è -con o senza il consenso di Conte e di Letta a cercare di raccontarla e spiegarla ai lettori- che i due commensali hanno voluto interrompere, incontrandosi in modo così poco riservato e appunto parlando anche o soprattutto del Quirinale, la rappresentazione giornalistica di un Silvio Berlusconi protagonista della partita. Che non solo non ha alcuna intenzione di “tirarsi indietro”, come ha pubblicamente annunciato, dalla corsa al Quirinale, pur alla sua età e con tutti i problemi di salute e ancora di tribunale che ha, ma si è premurato di vincolare a sostenerlo i pur abitualmente divergenti alleati di destra, impegnatisi a votarlo. O almeno, come ha poi precisato in pubblico Matteo Salvini, a rendere “determinante” il centrodestra nell’elezione del successore di Mattarella: cosa chiaramente diversa da un Berlusconi o niente.

Se vogliamo proprio dirla tutta, sempre con o senza il consenso degli interessati, in quelle due ore di incontro conviviale dietro a una finestra Conte e Salvini hanno alla loro maniera cercato di bloccare quello che Il Fatto Quotidiano ha definito nel titolo di prima pagina di oggi “lo shopping” di Berlusconi. Al quale addirittura mancherebbero ormai soli 35 voti alla maggioranza assoluta dei cosiddetti “grandi elettori”, fra deputati, senatori e delegati regionali, contro i 54 che invece risultano ancora al Corriere della Sera: tutti e tutto, naturalmente, al lordo dei pur scontati “franchi tiratori”. I quali hanno vanificato nelle edizioni precedenti della corsa al Quirinale concorrenti come Romano Prodi, Arnaldo Forlani, Amintore Fanfani in ordine cronologico a ritroso, fra seconda e prima Repubblica, e senza includere nell’elenco il Giovanni Leone, bloccato prima della elezione nel 1971, e l’Aldo Moro neppure fatto arrivare alle votazioni nell’aula di Montecitorio, sempre nel 1971, come candidato della Dc

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