Silvio Berlusconi con loro tracciò sempre un netto solco viste le differenze politiche abissali, ma con Giuseppe Conte quando era premier alle prese con il Covid, come ricorda il segretario azzurro Antonio Tajani, è stato sempre “rispettoso” e si comportò da leader d’opposizione propositivo per l’interesse del Paese. Il.vicepremier e ministro degli Esteri quindi chiede ai pentastellati come mai, invece, non ebbero nulla da dire quando Berlusconi governò con loro nell’esecutivo di Mario Draghi. Eppure i Cinque Stelle, sotto botta per l’amaro risultato delle Europee, dove sono stati fagocitati dal Pd, nell’aula di Montecitorio non resistono e con il loro deputato Riccardo Ricciardi rompono clamorosamente quel particolare galateo che si danno tutte le forze politiche quando si commemora un leader.
Un attacco come quello sferrato dal pentastellato a un leader defunto nel corso della sua commemorazione non lo si ricordava da moltissimo tempo neppure nel caso di esponenti di spicco il cui ricordo forse divide ancora di più di quello del Cavaliere. Mentre Ricciardi attacca sull’accusa di fondo secondo la quale Berlusconi avrebbe “inquinato il rapporto tra politica e magistratura” e non risparmia altre gravi accuse, come fosse un processo postumo al fondatore di Forza Italia e del centrodestra, la coalizione di governo tutta, a cominciare da FI guidata alla Camera da Paolo Barelli, dal suo vice vicario Raffaele Nevi, anche portavoce nazionale, esce dall’aula, insieme con gli esponenti di Fratelli d’Italia, guidati dal capogruppo Tommaso Foti (“spettacolo vomitevole”, va giù durissimo) e della Lega.
Ecco, non è la rissa esplosa più tardi sull’Autonomia, ma certamente l’attacco pentastellato postumo sferrato a Montecitorio dai Cinque Stelle è lo stesso una ferita alla civiltà di uno speciale galateo della politica che scende di fronte alla morte. Berlusconi, l’uomo che unì, che fece stringere la mano a Bush jr e Putin, che dialogò con Gheddafi, perché “la pace si raggiunge solo sapendo trattare con tipi difficili”, ricorda il capogruppo azzurro Maurizio Gasparri in Senato, avrà allargato le braccia da lassù. Di fronte a quelle accuse che sempre portano a evocare sullo sfondo l’insulto con l’accusa sostanzialmente di mafia, la più feroce e gratuita, mai provata da nessuno di quella grandine di procedimenti giudiziari scatenata contro di lui.
Tajani con determinazione e compostezza ancora più forte di quella che gli è nota alla scompostezza dell’attacco reagisce ricordando in parlamento, nelle numerose interviste Tv il “grande uomo politico, la persona perbene, l’amico che non ti diceva mai cose banali e sapeva starti vicino anche sulle difficili vicende personali, come quando persi i miei genitori”. E la senatrice azzurra Stefania Craxi, presidente della commissione Esteri e Difesa, nel ricordare che Berlusconi “msnca a tutta l’Italia”, sottolinea che manca “la figura di un uomo che è sempre stato nella battaglia di verità e giustizia per restituire a Bettino Craxi i suoi meriti storici”.
Omaggiato sui social già di primo mattino ieri 12 giugno, giorno del primo anniversario della sua scomparsa, dal premier Giorgia Meloni, dal vicepremier, leader della Lega, ministro di Infrastrutture-Trasporti, Matteo Salvini, da Ignazio La Russa, presidente del Senato, Berlusconi ricorda Tajani “è stato l’uomo che ha saputo fare anche le alleanze più difficili avendo sempre come obiettivo l’interesse del Paese”. La differenza tra uno statista e chi, contrattacca l’azzurro Alessandro Cattaneo “fa sciacallaggio politico per qualche minuto di visibilità”. Questi sono gli alleati obbligati del Pd di Elly Schlein per cercare di fare un fronte alternativo. Seppur a suon di radicalizzazione e estremismo in tutti gli aspetti. Comprese le commemorazioni a Montecitorio. È una ferita meno rumorosa ma forse ancora più grave di una pur gravissima rissa.