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Tunisia

Quanto vale Di Maio nelle urne?

Fatti, sondaggi e scenari sul partito fondato da Luigi Di Maio.

 

Quanto vale, sul piano elettorale, la nuova creatura di Luigi Di Maio? Prime previsioni e tanta incertezza. A cominciare dai numeri. Lo testimonia il sondaggio Winpoll – il Sole 24 ore: fresco di stampa. “Insieme per il futuro” è stimato nel 4,7 per cento. Ciò che resta del vecchio Movimento, che ancora fa capo a Giuseppe Conte, al 6,9. Ne deriva che l’intero modo grillino, una volta rimesse indietro le lancette dell’orologio, doveva essere pari alla somma dei due tronconi. Vale a dire, più o meno, all’11,5 per cento. Niente affatto. Senza la scissione, questo uno dei tanti quesiti del sondaggio, la forza elettorale del MoVimento sarebbe stata pari al 9,9 per cento, con un calo di 2,4 punti percentuali rispetto alla media dei valori che si erano registrati durante la settimana 12-18 giugno.

Un’apparente anomalia. Che, tuttavia, potrebbe avere un suo perché. Nel senso che a seguire il Ministro degli Esteri potrebbero essere delle nuove forze, che da tempo non si riconoscevano nella vecchia leadership dell’avvocato del popolo. Naturalmente è troppo presto per trarre conclusioni definitive. L’esperienza insegna – le scissioni di Angelino Alfano o di Matteo Renzi – che ai primi entusiasmi, di solito segue la delusione. Per quanto ci riguarda, speriamo che non sia così. Tuttavia l’avvertimento era doveroso, onde evitare facili trionfalismi. Quando invece il nuovo gruppo deve lavorare, ventre a terra, per conseguire i necessari risultati.

Quali le possibili prospettive? È evidente che un risultato di quasi parità, tra gli ex amici, non potrà che avere delle conseguenze. Se Luigi Di Maio ha collocato il suo gruppo alla destra (nessun riferimento politico) di Mario Draghi, Giuseppe Conte sarà tentato dalla prospettiva opposta. Marcare le differenze con il Premier in ogni possibile momento, per giustificare con chi é rimasto, l’accusa di tradimento rivolto ai suoi ex soci. Il che spiegherebbe l’invito – fatto inusuale – rivolto ai possibili dissidenti interni: “Chi non è convinto lasci adesso – avrebbe detto, secondo quanto riporta il Corriere della sera – è il momento giusto. C’è una finestra d’uscita verso una collocazione esterna”.

Insomma l’idea, a quanto sembra, è quella di serrare le fila, per l’assalto al Palazzo d’inverno. Che tradotto nella più prosaica realtà italiana, significa uscire dalla maggioranza, per limitarsi, se va bene, ad un semplice appoggio esterno. Il tutto nella speranza di recuperare, da questa nuova posizione, almeno una parte del consenso venuto meno. Operazione che richiede ovviamente un casus belli. L’occasione che fa l’uomo ladro. Il primo appuntamento è quello di giovedì prossimo, quando il Parlamento sarà chiamato ad approvare il decreto Aiuti. Tra le varie norme il discusso tema dell’inceneritore, proposto per Roma, dal sindaco Gualtieri. Anche se il Fatto quotidiano suggerisce di non tirare troppo la corda, trattandosi, sempre, di un fatto locale. L’eventuale voto contrario, inoltre, chiuderebbe per sempre la porta alla strategia del “campo largo”, che ancora vivacchia tra le mura di Via del Nazareno.

Meglio insistere allora sul rifinanziamento del bonus 110 per cento. Come sembrerebbe, le risorse appostate in bilancio, secondo il monitoraggio dell’Enea, a tal fine deputata, sarebbero terminate, cogliendo in mezzo al guado numerose imprese. Che non potrebbero terminare i loro lavori. Da qui la pressione, al grido “salviamo l’edilizia”, di molti parlamentari, non solo grillini. I quali tuttavia sono destinati a scontrarsi sia con il Premier, che non ha mai visto di buon occhio questa regalia a favore dei ceti più abbienti, ed ora duramente criticata dalla stessa Corte dei conti, in quanto quella misura è considerata elemento distorsivo delle regole di mercato.

Vedremo come andrà a finire, anche se la madre di tutte le battaglie sarà quella rivolta ad indebolire l’Occidente nei confronti di Putin, invocando un pacifismo unilaterale. Il voto dell’ultima risoluzione a favore dell’invio di armi all’Ucraina, da parte dell’Italia non fa testo. Era precedente la scissione, quando le truppe di Luigi Di Maio erano in grado di operare un bilanciamento. Non tanto per il loro numero, ancora sconosciuto.

Ma per il semplice fatto che Conte sarebbe entrato nel Guinness dei primati per aver cacciato, con un voto del parlamento, il ministro più importante e rappresentativo del suo MoVimento. Senza nemmeno avergli lasciato la possibilità di offrire le dimissioni. Oggi questo vincolo non esiste più e, quindi, si può andare avanti allo sbaraglio.

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