Le forze russe entrano a Kiev, la caduta del governo di Volodymyr Zelensky è questione, forse, di ore. L’Occidente osserva questi sviluppi come si guarda un leone che s’avventa su una gazzella su National Geographic, tentato di voltare lo sguardo o magari di cambiare canale. E pure qualche domanda dovrebbe farsela, se ci tiene ad avere un ruolo nel mondo che si sta riconfigurando davanti ai nostri occhi.
È bene chiarirsi su un punto: il mondo è sempre stato e sempre sarà pieno di Paesi che sono determinati a usare la forza per modificare l’ambiente che li circonda. Per scoraggiarli, esaurita la strada della diplomazia, si può ricorrere a strumenti militari o a strumenti economici. Se le democrazie non sono disposte a compiere i sacrifici necessari a dotarsi dei primi o ad assumere i secondi, allora sono destinate a perdere qualsiasi capacità di deterrenza. E a guardare gli altri che rimodellano il mondo a loro piacimento.
Negli anni della Guerra fredda, l’equilibrio mondiale si basava su un assunto: gli Stati Uniti sapevano che l’Unione sovietica era disposta a scendere in guerra, persino a usare il proprio arsenale nucleare per difendere i suoi interessi. I sovietici sapevano che gli americani erano disposti a fare altrettanto. In ogni angolo del mondo.
Nelle moderne democrazie occidentali i leader dipendono dal consenso popolare. Quanto più il loro potere è perimetrato, quanto più l’orizzonte del loro incarico è limitato, tanto più essi necessitano del sostegno dell’elettorato. Il ricorso alla guerra non è più vendibile a chi vota, né in Europa né negli Stati Uniti, a meno che non sia in gioco l’imminente sicurezza della popolazione. Né è più politicamente sostenibile l’incremento della spesa militare, figuriamoci per un arsenale nucleare.
Poi ci sono le sanzioni economiche. Quelle varate in questi giorni da Stati Uniti e Unione europea contro la Russia non sono certo inutili. Hanno l’obiettivo, in sostanza, di far perdere parecchi soldi agli oligarchi che sostengono Putin e di sottrarre a Mosca la capacità di competere con l’Occidente sul piano tecnologico. La loro efficacia, tuttavia, andrà pesata necessariamente sul lungo periodo.
Probabilmente la riscopriremo il giorno in cui chi ha il potere economico in Russia deciderà che è il momento di disfarsi di Putin.
Le nostre società non sono disposte a perdere denaro per punire l’aggressione di un Paese sovrano, lontano nel caso dell’Italia 1.600 chilometri: questo Putin lo sa ed è con le spalle coperte da questa consapevolezza che ha annunciato l’invasione dell’Ucraina. Lo sa pure la Cina, lo sa la Turchia. Lo sanno tutte quelle autocrazie che oggi noi democratici possiamo solo guardare mentre ridisegnano i confini del mondo.
Poi possiamo pure indignarci, possiamo fare le anime belle. Ma cambiare canale, nella realtà, non si può.
(Estratto da un post pubblicato sulla pagina Facebook di Gianmarco Volpe)
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