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Luci e ombre nell’intervista di Vance al New York Times

 

Dopo l’incontro con Papa Leone XIV, il vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance ha rilasciato al celebre giornalista Ross Douthat del New York Times una lunghissima intervista. Tre passaggi mi hanno particolarmente colpito. Alla domanda su come intenda conciliare la fede cattolica con il ruolo politico-istituzionale, Vance ha risposto che rifiuta sia la separazione tra politica e religione sia l’obbedienza alla Chiesa. Ha accennato ad una fumosa “terza via”, francamente molto difficile da discernere. Ha spiegato di non avere baciato l’Anello del Pescatore perché il cerimoniale Usa non lo prevede. Tuttavia – al là del rispetto formale del protocollo – non ha fatto riferimento – come mi sarei aspettato – al Vangelo secondo Matteo 22:21: “Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”.

Su questa materia, per inciso, ricordo il comportamento tenuto da Alcide De Gasperi quando prese le distanze dalle posizioni di Pio XII. È un approccio da cui tutti – Casa Bianca compresa – possono trarre insegnamento per affrontare in modo corretto la distinzione tra potere politico e potere spirituale.

Il secondo aspetto dell’intervista del vicepresidente Vance al Times è che egli analizza, in modo unilaterale, il nesso il legame tra criminalità organizzata e grandi fenomeni migratori. Mi spiego con un esempio. È vero che l’Italia ha “esportato” Cosa Nostra negli Stati Uniti, ma è altrettanto vero che le comunità immigrate (non solo quelle degli italiani) hanno offerto un contributo fondamentale all’Fbi per prevenire e reprimere il crimine organizzato. Per la sicurezza e l’ordine pubblico (e dunque per gli interessi nazionali espressi nella formula “America First”) è bene non indulgere in una narrativa a senso unico dei migranti. Serve tener conto ambedue i lati della medaglia.

Giovedi scorso è stato l’anniversario della strage di Capaci. Ricordo che nel maggio 2012 a 20 anni dalla sua morte il grande magistrato Liliana Ferraro, invitata nel quartiere generale dell’Fbi, per commemorare Falcone dichiarò: “Giovanni era un figlio d’Italia, ha trovato negli Stati Uniti d’America dei servitori della democrazia che condividevano i suoi stessi sentimenti. Su quei valori condivisi abbiamo sviluppato una forte partnership che ha permesso ai nostri paesi di combattere con successo contro  Cosa Nostra, la criminalità organizzata e il terrorismo, in Italia e in America”.

L’auspicio è che lo spirito di cooperazione internazionale registrato negli anni della Pizza Connection e dalle indagini successive sia nuovamente al centro delle politiche di sicurezza dell’amministrazione americana.

Un terzo aspetto dell’intervista di Vance riguarda, infine, un campo molto importante, ma  di cui si parla pochissimo: l’impatto della rivoluzione tecnologica sulla identità delle persone e sulle relazioni interpersonali (in particolare tra gli adolescenti). Il vicepresidente degli Stati Uniti ha fatto benissimo ad accendere i riflettori sui pericoli di “dipendenza” e “di autoisolamento” che possono essere indotti dall’abuso delle nuove tecnologie.

Per quanto riguarda la dipendenza digitale esiste da anni una vasta letteratura scientifica (soprattutto su quanto accade ai giovani  in Cina). È peraltro noto, ma soltanto tra gli addetti ai lavori, che le variegate sindromi “Internet Addiction” sono diffuse da anni tra milioni di studenti universitari in tutto il mondo. Accanto a queste patologie digitali Vance segnala un altro fenomeno più recente perché legato all’intelligenza artificiale generativa: “il “monologo solitario” tra un ragazzo o una ragazza e una (o più) chatbot. Quando questa pratica diventa ossessiva i giovani perdono ogni distinzione tra immaginario e  realtà. Intere parti della personalità possono soffrirne ed essere represse, (quali il desiderio di avere amici veri, creare una famiglia più o meno tradizionale, divertirsi,  praticare sport, viaggiare e conoscere il mondo, ecc.).

Come ricorda da 15 anni Isaac Ben Israel dobbiamo fare i conti con il dark side of the moon dell’universo digitale (computer, reti social, internet e AI). Tutto ciò non ci deve spaventare, non c’è dubbio che l’innovazione tecnologica presenti molti più benefici che costi, tuttavia le preoccupazioni espresse da Vance sono condivisibili: “Dobbiamo evitare il pericolo di un mondo senza Cybersecurity” (intesa a 360 gradi, dipendenza psicologica e processi di alienazione compresi).

Peccato che nonostante le preoccupazioni di Vance, l’amministrazione Trump abbia messo in atto drastici tagli alla ricerca e all’assistenza sanitaria, in particolare proprio ai fondi destinati alla salute mentale.

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