“Se prima si diceva dopo Zaia solo Zaia, adesso dirò dopo Zaia scrivi Zaia. Se prima ero un problema, non solo la mia lista civica non doveva essere fatta ma anche il mio stesso nome non doveva più circolare, ora sarò io a diventare un vero problema. La sapete la barzelletta di quello che va a comprare un pappagallo? Gliene mostrano tre di cui uno costa 100.000 euro anche perché fa la spia (risatine in sala ndr), poi un altro che costa un milione di euro. E perché? Perché gli altri due lo chiamano presidente. E al presidente non si devono rompere le p… Ci sono amministratori che hanno governato 20 anni ma senza fare un c….”.
Il Palageox di Padova viene giù dagli applausi per il governatorissimo, Luca Zaia, detto il Doge, secondo i sondaggi ancora il più amato di Italia, ancora votato all’80 per cento, che fa lo showman e rifila con ironia stoccate agli alleati del centrodestra. È il giorno in cui, all’apertura della campagna elettorale con Matteo Salvini, per il voto in Veneto del 23 e 24 novembre, della Lega, passa il testimone per la candidatura al trentaduenne Alberto Stefani, l’aspirante governatore più giovane d’Italia. Ma Zaia non va di certo in pensione, “in Lega, che è una famiglia, una comunità si resta militanti dall’alba al tramonto”, punzecchia più volte gli alleati di FdI e FI, che già avevano detto no, salvo una apertura di FdI all’ultimo, al terzo mandato, si erano opposti a una lista Zaia e ora invece devono accettare che il Doge sarà il capolista della Lega in tutte le province. “Abbiamo deciso io e Alberto così “, annuncia Zaia.
Ma in realtà, nonostante i cosiddetti “giornaloni” continuavano a scrivere, dopo il deludente risultato della Lega con il generale Roberto Vannacci in Toscana, di liti interne anche in Veneto, con Zaia dato perfino sul punto di mollare tutto, già una decina di giorni prima in Lega si dava per fatta la candidatura del governatore come capolista. L’ultima decisione spettava a lui che al Palageox ha spiazzato tutta la narrazione mediatica ormai, come dice Salvini, “trentennale della Lega divisa”. Salvini, il segretario federale, oltre che vicepremier, ministro delle Infrastrutture e Trasporti, non nasconde che la candidatura leghista di Stefani dopo Zaia e in continuità con Zaia, che vedrà i due insieme fare campagna elettorale, è frutto di “una dura battaglia, notti e giorni di trattative”. Evidentemente con gli alleati del centrodestra che non nomina.
Qui siamo nella terra “autonoma” della Liga Veneta, il cui fondatore Gianpaolo Gobbo maestro di Zaia e del sindaco “sceriffo” di Treviso, Giancarlo Gentilini scomparso da poco, con la sua presenza in sala dà al giovane Stefani la sua benedizione. La Liga Veneta, di cui è segretario lo stesso Stefani, anche deputato e vicesegretario di Via Bellerio, la prima di tutte le Leghe, con l’orgogliosa bandiera del Leone di S. Marco, è stata ed è un osso duro per gli stessi segretari federali leghisti da Umberto Bossi, che poi la federò con quella Lombarda e tutte le altre nella Lega Nord, a Roberto Maroni e Salvini. Ma la Lega nazionale di Salvini dà un’immagine plastica di vera unità al Palageox che fa a pugni con certa rappresentazione mediatica. E quanto al rapporto con gli alleati, seppur sul Veneto i momenti di tensione non vengono nascosti neppure pubblicamente, Salvini ribadisce che il governo andrà avanti e oltre anche nel 2027. Quanto al governo regionale definisce quello di Zaia durato 15 anni non solo il migliore d’Italia, “ma il migliore d’Europa”.
Va in scena la Lega dei 560 sindaci veneti, di un buon governo che è modello da esportazione, di cui parla il sindaco di Treviso, Mario Conte. Tocca poi a Stefani in chiusura. Già sindaco ventenne di Borgoricco (Padova) a 25 anni deputato nel 2018, un solo primato, dice sorridendo Zaia “non mi fregherà mai: quello di essere stato il più giovane presidente (di Provincia a Treviso ndr)”.
I record leghisti sull’impegno dei giovani e giovanissimi in politica sono molti. Giovani ma anche anziani nella tradizione particolarmente solidale della Liga Veneta, proveniente in gran parte dalla vecchia Dc, sono centrali nel discorso con il quale Stefani apre la campagna elettorale con la parola d’ordine “Sempre più Veneto”, nel solco della prima campagna elettorale di Zaia nel 2010 con “Prima il Veneto”, da cui la Lega poi mutuò “Prima gli italiani”. Stefani propone per i giovani, oltre che valorizzazione della tecnologia digitale per le start-up, anche un impegno nelle case di riposo e una legge perché siano impiegati per 15 giorni nei campus della protezione civile; annuncia poi particolare impegno “per la parità di genere”, contro i femminicidi (“chi tocca una donna tocca tutti i veneti”). Impegno anche per la ecosostenibilità che “deve diventare di centrodestra”.
Ma centrale nel suo discorso non può che essere quell’autonomia differenziata che in Veneto al referendum vinse con oltre 2 milioni e 300mila voti nel 2017, ricorda Zaia. E finalmente, annuncia Salvini elogiando il lavoro del ministro Roberto Calderoli, vedrà ” i primi pre-accordi entro il 2025″. Autonomia che “è responsabilità”, ricorda Stefani. E che, propone Salvini, potrebbe essere al centro di nuovo il 15 settembre, “in ricordo di quello storico giorno del 1996 a Venezia per la libertà (la proclamazione dell’Indipendenza della ‘Padania’ da parte di Bossi ndr)”, di una festa leghista. Unità e continuità in una Lega, da sempre fisiologicamente composita con sfumature diverse ma in un’unica cornice federale, poi resa nazionale da Salvini. La stessa storia di Stefani lo dimostra: “Ringrazio Lorenzo (Fontana, presidente della Camera, in prima fila al Palageox, molto importante nell’area cattolica ndr) che ha sempre creduto in me, Luca grazie al quale detti il mio primo voto alla Lega, ringrazio Matteo che si è battuto perché fosse un leghista il candidato in Veneto”.
Salvini ha per obiettivo: Lega primo partito. La Toscana sembra già un brutto ricordo alle spalle. Scatta per la Lega la madre di tutte le battaglie. E Salvini rivendica il successo di aver strappato “perfino nel governo con i Cinque Stelle le Olimpiadi che si svolgeranno nel 2026 in Veneto per la prima volta dopo il 1956”.