Nei tempi e nei modi che gli sono propri, non lenti ma moderati, appresi in una trentina d’anni di politica in cui è salito persino alla presidenza del Parlamento europeo, dove si arriva peraltro eletto con i voti di preferenza, non per l’ordine di lista confezionato dai segretari dei partiti, Antonio Tajani è sbottato contro la palude nella quale vogliono infilarlo amici veri o presunti di partito. Che vorrebbero ringiovanimento, vigore, strappi e altro ancora in Forza Italia: dai figli di primo e secondo letto della buonanima del fondatore Silvio Berlusconi alla sua penultima fidanzata Francesca Pascale. Che, parlandone al Corriere della Sera, me ha reclamato le dimissioni senza giri di parole.
Ebbene, come per dire di ritenere colma la misura, e parlandone anche lui al Corriere della Sera a conclusione di una lunga intervista sui suoi impegni internazionali di governo, fra guerre che continuano e paci o solo tregue che ritardano, ha detto: “Non c’è partito che più di noi (cioè, di Forza Italia) non sia per la libertà. E non solo ci abbiano scritto un manifesto dei nostri valori a settembre scorso, ma faremo tre manifestazioni a metà gennaio a Milano, Napoli e Roma sui nostri valori che trasformiamo in azioni concrete”. E lì ad elencare temi, iniziative, cose ottenute anche nella confezione sempre affannosa della legge di bilancio o manovra finanziaria.
“Eppure -gli ha chiesto impietosamente Paola Di Caro pur facendogli la cortesia di parlare al plurale almeno all’inizio- vi dicono che crescete poco, dovete allargarvi. Lei potrebbe cedere il suo posto (di segretario del partito) per dare una scossa?”. “Forza Italia -ha risposto Tajani- è cresciuta elezione dopo elezione, gli stimoli sono sempre positivi ma la realtà è questa. Nuovi volti ne abbiamo, siamo aperti a chiunque voglia essere protagonista, Oggi abbiano 250 mila iscritti, una classe dirigente eletta dalla base. Questo è un vero partito”.
Per cortesia, garbo e simili Tajani ha omesso di ricordare che gli iscritti ereditati da Silvio Berlusconi erano 60 mila, come l’8 per cento dei voti nelle elezioni politiche del 2022, largamente sorpassato dalla destra di Meloni, come nelle elezioni precedenti dalla Lega di Matteo Salvini, autorizzato dallo stesso Berlusconi ad una breve libera uscita come vice presidente del Consiglio e ministro dell’Interno del primo governo di Giuseppe Conte.
Vorrei personalmente esortare Tajani a consolarsi di certe amarezze che gli riservano, a dir poco, le cronache interne, reali o immaginarie, del suo partito che Forza Italia era appena nata, agli inizi del 1994, quando uno dei suoi fondatori come Marcello Dell’Utri scherzò proponendo di chiamarla “Salva Italia” per i troppi consigli alla prudenza, alla moderazione e quant’altro che giungevano a Berlusconi dal pur amico -anche suo, di Dell’Utri- di nome Gianni e di cognome Letta. Che è ancora in campo da quelle parti quanto memo come consigliere emerito. Forse anche dello stesso Tajani, oltre che dei familiari del compianto Berlusconi.





