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Giorgetti

Libia, la festa di Conte e Di Maio con Haftar e la festicciola di Renzi

Che cosa succede fra Conte e Renzi? I Graffi di Damato

Altro che “la pesca provvidenziale” nella quale – chissà perché-  il manifesto, di solito felicissimo nei titoli, ha voluto tradurre il colpo di teatro compiuto dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte col suo improvviso volo a Bengasi, insieme al ministro degli Esteri Luigi Di Maio, dal generale Haftar. Di cui ha valorizzato il controverso ruolo in Libia ottenendo in cambio, dopo più di 100 giorni di prigionia corsara, la liberazione dei 18 pescatori prevalentemente italiani sequestrati mentre facevano il loro lavoro in acque internazionali.

LA MOSSA DI CONTE

La sorpresa, per quanto festeggiata comprensibilmente da familiari e amici degli interessati e dalle autorità locali, ma liquidata dalle opposizioni come una conclusione “indecente” della vicenda, ha detto la sorella dei Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, non è servita a migliorare il clima politico del governo. Al Senato esso è stato duramente contestato, sino all’interruzione della seduta, per avere posto il bavaglio e la stretta della fiducia sulla conversione del decreto legge sulle immigrazioni. E a Palazzo Chigi si è svolto in serata, rinviato dalla mattina a causa della missione a Bengasi, un breve, mesto e inutile incontro fra il presidente del Consiglio e la delegazione dell’Italia dei Valori guidata da Matteo Renzi per la verifica della maggioranza, imposta dalle circostanze a un Conte che non ne aveva una grandissima voglia, diciamo così. E, forse imbaldanzito a suo modo dal presunto successo di Bengasi, non ha fatto nulla per nascondere il suo malumore.

LE FRENESIE DI RENZI

“Farsa Renzi- 20 richieste di riscatto e 30 minuti di incontro”, ha titolato, cronometro e codice penale alla mano, Il Fatto Quotidiano compiacendosi naturalmente dei metodi sbrigativi del presidente del Consiglio. Che ha gelato Renzi assicurandogli di avere già letto la sua lunga missiva di proposte e riflessioni critiche sull’azione di governo riservandosi di dargli una risposta non si sa quanto circostanziata, ma tenendo comunque a precisare -secondo indiscrezioni non smentite- di considerare un po’ anomalo, diciamo così, il partito dell’ex presidente del Consiglio. Che è nato successivamente alla formazione del governo di cui fa parte con due ministri e un sottosegretario formalmente designati dal Pd. Al che, sempre secondo indiscrezioni non smentite, la ministra Teresa Bellanova, quella delle “braccia rubate all’agricoltura”, secondo il sunnominato Fatto Quotidiano, ha reagito ricordando l’anomalia, a sua volta, di un presidente del Consiglio rimasto al suo posto dopo avere cambiato radicalmente la maggioranza.

CHE COSA FARA’ MATTARELLA

In questa situazione politica a dir poco velenosa – in cui il bravo e informato Marcello Sorgi può scrivere sulla Stampa, in prima pagina e senza dover temere smentite o precisazioni, che Renzi “disprezza” Conte, probabilmente ricambiato, per cui si potrebbe pure immaginare il conto alla rovescia che l’uno sta facendo per cercare di rovesciare l’altro- mi chiedo se non ha torto l’ex senatore e vice presidente del Consiglio Marco Follini a chiedersi a sua volta, come ha appena fatto sul Dubbio, fino a quando riuscirà a trattenersi il sinora “sobrio, lucido, scrupoloso e appropriato” presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Che potrebbe prima o poi sbottare, com’è d’altronde successo a un suo predecessore e collega di partito, Francesco Cossiga, offrendo al Parlamento non una terza edizione del capo di governo in carica, dopo quella gialloverde e quella giallorossa, ma una seconda, ruvida edizione di se stesso. E’ un’attesa, o speranza, alla quale mi associo molto volentieri.

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