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Libano

Il Libano è la chiave per capire la guerra Israele-Hamas?

La lettera di Emilio Lonardo.

Caro direttore,

si dice che una delle chiavi per affrontare lo scontro in atto tra Israele e parte del mondo islamico sia quanto succede – o possa succedere – in Libano. Può aiutare, in questo, la storia di un Paese che, a volte, suggerisce ipotesi e considerazioni anche per capirne l’evoluzione nel confuso scenario attuale. Quella del Libano è una delle storie più complesse che si conoscano nell’area mediterranea. E il rapporto con Israele è spesso stato un rapporto contraddittorio.

Sono stato in Libano per due settimane nello scorso maggio. Ho avuto modo di visitare, non solo per turismo, questo complesso Paese. Ho cercato anche di andare in luoghi non noti, per capire qualcosa di più di questo popolo multietnico e multireligioso, e di conoscere famiglie che mi aiutassero a comprendere la natura del loro drammatico presente.

Non nascondo che un primo importante impatto, a fronte dell’idea di un popolo israeliano da sempre circondato da “nemici”, mi è venuto dalla visita della tomba – pressoché dimenticata – di un importante re libanese dell’antichità. La Tomba presunta del Re Hiram I è un grosso sarcofago quasi dimenticato sulla strada che da Tiro, nel Sud del Libano, porta a Qana, verso il Golan. Anni fa gli Hezbollah avevano attorniato di bandiere gialle e verdi la tomba che, invece, è una testimonianza degli antichi rapporti di alleanza tra Israele ed il popolo di Canaan. Il Re Hiram I, infatti, fu – quasi mille anni prima di Cristo – un importante alleato del più grande Re Israelita, Salomone. Dal Libano Hiram inviò il prezioso legno di cedro del Libano per costruire il cantiere e le parti in legno del Tempio che Salomone volle erigere per il Signore. Credo che qualcuno abbia spiegato ad Hezbollah che quel Re libanese era proprio la testimonianza dello stretto rapporto che c’era stato nella storia tra gli Israeliti ed il popolo che abitava il Libano. Infatti, in maggio scorso, non c’era più traccia delle bandiere di Hezbollah attorno a questa maestosa ma poco conosciuta tomba. Una riflessione: Salomone era amico di molti altri re della zona, fino alla Regina di Sabah, il cui regno era presumibilmente nell’attuale Yemen. Anche Netanyahu dovrebbe capire che il capo di un grande popolo deve intrecciare rapporti con altri capi che lo circondano ed essere amato anche dai popoli vicini.

Mi sono azzardato a girare anche per il campo palestinese di Chatila. Non avrei dovuto. Ma il mio autista ha accettato di entrare in questo “quartiere” di Beirut a due passi dall’aeroporto che occupa la superficie di due campi di calcio e in cui vive una popolazione palestinese di circa 200.000 persone. L’unico punto che può essere considerato uno “spiazzo” è un quadrato di non più di cento metri quadri nel quale “pascolano”, alla ricerca di rifiuti da brucare – plastica compresa – qualche decina di mucche e pecore. In questo campo si contendono duramente il consenso dei profughi palestinesi i seguaci del moderato Abū Māzen e quelli dei tagliagole di Hamas. Il popolo palestinese ha degli anticorpi. Ci vogliono le medicine giuste per rafforzarli, in modo che combattano dall’interno il terribile germe dell’integralismo religioso.

Ho deciso di visitare per alcuni giorni anche il Governatorato della Beqaa, la zona tra i monti del Libano, il Golan israeliano e la Siria, del tutto in mano alla milizia filoiraniana di Hezbollah. Oltre ai resti straordinari della città romana di Baalbek, con il grande e quasi intatto Tempio di Bacco, e della città araba umayade di Aajmar, ho visto altri campi profughi di siriani fuggiti dalla guerra in Siria e, fondamentalmente, avversari del dittatore filorusso e filoiraniano Assad. Il paradosso è che questi profughi – che oggi rappresentano quasi la metà della intera popolazione del Libano! – fuggono dalla Siria di Assad e, in parte, si devono rifugiare nella zona del Libano controllata proprio dagli Hezbollah, amici di Assad e dell’Iran. In questa zona – controllato da Hezbollah – avviene un costante passaggio verso la costa di “captagon” (chiamata “droga dei terroristi”), destinato anche ai giovani occidentali per distruggerne l’equilibrio psichico e “indebolire” il nemico. Il 30 maggio, mentre passeggiavo a pochi chilometri, nella vicina e sonnolenta città di Zahlè, veniva liberato dall’esercito libanese un cittadino saudita rapito dai trafficanti di captagon a fini di riscatto. Dunque, anche l’esercito libanese, pur debole e finora confinato nelle strade della sola Beirut, esiste e, con la sua storia fondamentalmente filooccidentale, può essere uno degli attori del nuovo Libano. Le elezioni politiche del 15 maggio dello scorso anno hanno visto Hezbollah perdere consensi ed essere il quinto partito del Parlamento, con il suo alleato cristiano, il partito del Presidente Aoun, passare da primo a secondo partito del Libano, a vantaggio di un altro partito cristiano con simpatie per l’occidente ed un buon rapporto con l’Arabia Saudita.

In conclusione, la partita del Libano è complessa e potenzialmente esplosiva. Ma qualsiasi attento erede del saggio Re Salomone capirebbe che l’apertura di Israele agli altri è il migliore modo per battere i tagliagole di Hamas e fare del suo popolo un popolo amato oltre i propri confini.

Emilio Lonardo

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