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Arnese

Le verità di Figliuolo, le dragate di Bernabé, Deaglio strapazza Santoro, Travaglio piroetta sui verbali di Amara. Azzeriamo il Csm?

Non solo Figliuolo, Abrignani, Bernabé, Travaglio e Amara. Fatti, nomi, numeri, curiosità e polemiche. Pillole di rassegna stampa nei tweet di Michele Arnese, direttore di Start

 

CHE BEL FIGLIUOLO

 

PRIMA ERANO SCOOP. ORA SONO COPIACCE…

 

AZZERIAMO IL CSM?

 

QUANTO SI AMANO I MAGISTRATI DELLA PROCURA DI MILANO?

IL BAZAR DEI VERBALE SEGRETI

 

AMARA, PATRONI GRIFFI E SEVERINO

 

A CHI CONVIENE AMARA?

 

LE VERITA’ DI ABRIGNANI (CTS)

 

LE DRAGATE DI BERNABE’

 

DEAGLIO STRAPAZZA SANTORO SU AVOLA

 

INSIDERIAMO CON DIASORIN?

 

CHI ARBITRA GLI ARBITRI?

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ESTRATTO DI UN ARTICOLO DEL CORRIERE DELLA SERA SU CSM, DAVIGO, AMARA:

I contrasti e i veleni partiti dalla Procura di Milano e arrivati fin dentro il Consiglio superiore della magistratura costringono il vicepresidente David Ermini e il procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi a intervenire con due note ufficiali. Quanto basta per comprendere quale nuova ondata di discredito stia travolgendo l’amministrazione della giustizia. «Il Csm è del tutto estraneo a manovre opache e destabilizzanti», assicura Ermini che denuncia «un’opera di delegittimazione e condizionamento tesa ad alimentare la sfiducia dei cittadini verso la magistratura». Salvi parla invece di «gravi violazioni» sui quali il suo ufficio aprirà un’inchiesta disciplinare.

In questo clima la Procura di Roma indaga per scoprire come e perché i verbali segreti di Piero Amara — l’avvocato già condannato e pluri-inquisito che ha parlato di politici, imprenditori, vertici di forze dell’ordine e giudici appartenenti alla presunta loggia massonica coperta chiamata «Ungheria», in grado di condizionare nomine e affari — siano stati diffusi gettando ombre sulla guida della Procura milanese. L’impiegata del Csm (ora sospesa) Marcella Contrafatto, sospettata di essere il «corvo» per aver inviato copia di quelle carte a due quotidiani e al componente dello stesso Csm Nino Di Matteo, è indagata per calunnia: nella lettera anonima di accompagnamento si accusano gli inquirenti milanesi di non aver voluto indagare sulla loggia denunciata di Amara e le sue trame.

Ma l’inchiesta deve anche accertare se il pm milanese Paolo Storari, che ha fatto uscire dal suo ufficio i verbali consegnandoli all’allora componente del Csm Piercamillo Davigo, abbia commesso un reato violando il segreto; che uso ne abbia fatto lo stesso Davigo, al quale Storari aveva denunciato l’immobilismo della Procura; e soprattutto chi sono i mandanti della successiva e certamente illegittima diffusione di quelle carte.

Per farlo si deve tornare all’origine della vicenda quando, nell’aprile 2020, Davigo riceve i verbali da Storari. Poco dopo si rivolge a Salvi che nella sua nota di ieri scrive: «Nella tarda primavera mi disse che vi erano contrasti nella Procura di Milano circa un fascicolo molto delicato, che riguardava anche altre Procure e che, a dire di un sostituto, rimaneva fermo». Il sostituto era per l’appunto Storari. Negli stessi giorni Davigo parla anche con Ermini, ma genericamente, di un’inchiesta che coinvolge nomi importanti. Soltanto in seguito gli specifica l’esistenza di contrasti all’interno della Procura milanese. Né lui né Storari presentano però una denuncia formale, come ne arrivano tante. Il Csm non può dunque intervenire. A differenza del pg Salvi che adesso ricostruisce: «Informai immediatamente il procuratore di Milano Francesco Greco». I due concordano un incontro: «Il 16 giugno il dottor Greco mi informò per grandi linee la situazione e le iniziative assunte». Fu decisa una riunione con le Procure di Roma e Perugia, alle quali gli interrogatori di Amara erano stati trasmessi per competenza, e «il coordinamento risultò proficuo».

Salvi chiarisce però di non avere mai saputo che Davigo aveva ricevuto da Storari i verbali oggetto di tanta fibrillazione. Lo scopre due settimane fa, quando il procuratore di Roma Michele Prestipino e l’aggiunto Paolo Ielo vanno al Csm per perquisire l’ufficio dell’impiegata Contraffatto, ex segretaria di Davigo. «Si tratta di per sé — sottolinea il pg della Cassazione — di una grave violazione dei doveri del magistrato, ancor più grave se la diffusione anonima dei verbali fosse da ascriversi alla medesima provenienza».

Il comportamento di Davigo (che non siede più al Csm da ottobre per via del pensionamento, dopo aver tentato di rimanere al suo posto e proponendo ricorso contro l’esclusione) è una delle incognite di questa storia. Forse quella decisiva: perché non disse a Storari di presentare un regolare esposto al Consiglio, come aveva fatto un anno prima il pm di Roma Stefano Fava, entrato in contrasto con il procuratore Giuseppe Pignatone e l’aggiunto Paolo Ielo proprio su questioni inerenti le indagini su Amara? Per la successiva diffusione di quella denuncia Fava è finito sotto inchiesta disciplinare e penale, ma Davigo — che nega violazioni di segreti e rivendica la correttezza delle proprie azioni — si giustifica con un altro argomento: «Dovevo mandare quel materiale alla Prima commissione del Csm, dove credo sedesse un membro che era citato nelle carte?».

L’allusione è a Sebastiano Ardita, un consigliere che fu compagno di corrente di Davigo con il quale però da oltre un anno si sono interrotti i rapporti. E ieri Nino Di Matteo, che dopo aver ricevuto i verbali di Amara con il nome di Ardita ne ha parlato con lui e poi con la Procura di Perugia, s’è schierato a sua difesa: «Le dichiarazioni sul consigliere Ardita sono palesemente calunniose. La loro falsità è facilmente riscontrabile. L’illecita diffusione di quei verbali anche all’interno del Csm rappresenta un vero e proprio dossieraggio volto a screditare il consigliere Ardita e a condizionare l’attività del Consiglio». Di condizionamento parla anche Ermini quando chiede «la più ferma e risoluta attività d’indagine da parte dell’autorità giudiziaria, al fine di accertare chi tenga le fila di tutta questa operazione».

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ESTRATTO DI UN ARTICOLO DEL CORRIERE DELLA SERA SU DIASORIN:

Le somme guadagnate in Borsa prima del 7 aprile 2020 — almeno quelle «avvistate» dai radar della Procura e della Consob — sono davvero modeste. Ma — sempre se è esatta la ricostruzione della Vigilanza e dei pm — l’abuso di informazioni privilegiate nella compravendita di azioni della società farmaceutica Diasorin spa, proprio in piena pandemia di Covid e proprio attorno al tampone diagnostico che Diasorin stava sviluppando in collaborazione con il Policlinico San Matteo di Pavia, appare pagina spiacevole. Specie per coloro ai quali viene ora contestata da un «avviso di conclusione delle indagini» per l’ipotesi di reato di insider trading, notificato dalla Procura di Milano al presidente dell’Irccs Policlinico San Matteo di Pavia, Alessandro Venturi, e all’amministratore delegato di Diasorin, Carlo Rosa. Per cosa? Per la notizia privilegiata destinata a rialzare del 5,7% il prezzo delle azioni (la validazione del test diagnostico e dunque il suo avvio alla commercializzazione) data prima del comunicato ufficiale al mercato del 7 aprile 2020 da Rosa all’amico Carlo Ciceri; e da Venturi all’ex commissario della Lega a Varese e presidente dell’Ircss Carlo Besta di Milano su nomina della Regione; il quale a sua volta avrebbe condiviso l’informazione con un consigliere dell’ospedale Besta vicino all’attuale ministro Maria Stella Gelmini, Francesco Bombelli.

Secondo i pm Stefano Civardi e Giordano Baggio, e la Consob, comprando e vendendo quasi subito Gambini guadagnò in sei giorni 1.500 euro, Bombelli in due giorni 1.300 euro, Ciceri 2.700 euro in due transazioni. Per chi soffia la notizia (insider primario) la legge prevede sanzioni penali, mentre chi la utilizza comprando o vendendo (insider secondario) ricade sotto sanzioni amministrative di Consob.

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