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Le ultime scaramucce elettorali in Francia

Che cosa è successo e che cosa si è detto in Francia alla vigilia (30 giugno) del primo turno delle elezioni legislative

Vigilia di voto storico in Francia dove i sondaggi non escludono una vittoria del Rassemblement National di Marine Le Pen e Jordan Bardella. E se questi ultimi già scalpitano per limitare i poteri del presidente Macron in vista della futura e senz’altro complicata coabitazione cui li obbligherebbe il sistema istituzionale transalpino, c’è anche chi guarda ad un altro scenario possibile, ossia l’assenza di un vincitore e la conseguente paralisi.

C’è già chi gongola.

Chi si sente predestinata e non lo nasconde è Marine Le Pen la quale insieme al suo delfino e candidato premier Jordan Bardella ha già fatto sapere che con l’RN al governo Macron non potrà mandare truppe in Ucraina.

Quello di capo delle Forze armate, ha spiegato la leader in un’intervista ripresa dalla Bbc, è infatti solo “un titolo onorifico, mentre è il primo ministro che controlla i cordoni della borsa”.

In caso di vittoria e di nomina di Jordan Bardella a primo ministro sarà dunque una coabitazione molto problematica con l’inquilino dell’Eliseo. “Jordan”, ha detto Le Pen al quotidiano Le Télégramme “non ha intenzione di litigare con lui ma ha tracciato delle linee rosse”, la principale delle quali è che “il presidente non sarà in grado di inviare truppe”.

Le parole di Bardella.

“Se sarò primo ministro i soldati francesi non saranno mandati in Ucraina”, aveva del resto confermato il candidato premier durante il dibattito televisivo andato in onda su France 2 l’altro ieri con la partecipazione dell’attuale primo ministro Gabriel Attal e del primo segretario del Partito socialista Olivier Faure.

“Non lascerò”, ha però precisato, “che l’imperialismo russo assorba uno stato alleato come l’Ucraina”, Paese che lui, ha aggiunto, continuerà ad appoggiare anche se “evitando un’escalation con la Russia”.

“La mia bussola è l’interesse della Francia e dei francesi” ha rimarcato Bardella ribadendo la sua contrarietà all’invio di missili a lungo raggio all’Ucraina che possono colpire il territorio russo e mettere Parigi “in una situazione di cobelligeranza”.

Gli ultimi sondaggi.

Al di là del prefigurare tutti il pieno di preferenze per l’RN, i sondaggi non consentono di predire con certezza il risultato di domenica e soprattutto l’assetto istituzionale che ne conseguirà.

La media dei sondaggi condotta dall’Economist assegna la prima posizione all’RN con un risultato del 37%. Al secondo posto ma distaccato di ben otto punti si dovrebbe piazzare il nuovo Fronte popolare guidato dal partito di Mélenchon con il 29%.

La coalizione centrista che si riconosce nella leadership di Macron rimane invece inchiodata al terzo posto con un misero 21%.

La situazione non cambia se guardiamo ai dati del Poll of Polls di Bloomberg, che assegna il 36,2% ai lepenisti, il 28,3% alle sinistre e il 20,4% ai macronisti.

Cosa succederà al secondo turno.

Questa è però un’elezione a doppio turno e tutti si sono cimentati nelle relative previsioni.

Facendo la media delle proiezioni realizzate da quattro differenti istituti demoscopici, l’Economist stima i seggi ottenuti dal partito di Bardella in un numero compreso tra 200 e 305 su un totale di 577 e con un guadagno clamoroso rispetto alle scorse elezioni quando riuscì ad aggiudicarsene appena 88.

Il cartello delle sinistre dovrebbe conquistare un numero di seggi compreso tra 125 e 240, mentre l’alleanza macronista potrebbe scendere anche molto sotto i 100 seggi.

Quali scenari.

Come osserva il Financial Times, se l’RN si assicurasse 289 parlamentari e dunque la maggioranza scatterebbe lo scenario noto come coabitazione, ossia una poco confortevole divisione dei poteri tra un presidente relegato sostanzialmente a gestire Affari esteri e Difesa e un primo ministro come Bardella saldamente al timone del governo e titolare delle decisioni chiave in materie come il budget.

Ma se dalle urne non dovesse scaturire nessun vincitore, ed è un risultato che i sondaggi non escludono, ne deriverebbe una crisi istituzionale o una paralisi che impedirebbe la formazione di qualsiasi governo, con l’unica via d’uscita di un esecutivo tecnico che non è un’opzione familiare per la politica francese.

Morte del macronismo?

E se un astro nascente della politica transalpina come Raphaël Glucksmann annuncia l’imminente morte del macronismo, c’è già chi scalda i motori al centro nel tentativo di farsi impalmare come successore e dunque come aspirante candidato all’Eliseo nel 2027.

Rinunciando, come fa notare il Ft, “ad ogni residuo senso di lealtà” nei confronti del loro ex padrino, a farsi avanti sono ora l’attuale primo ministro Gabriel Attal, il suo predecessore Édouard Philippe e due ministri di punta come quello alle Finanze Le Maire e quello agli Interni Darmanin.

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