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Donne Giudici

Le prime donne giudici sono state poco prime donne

“Magistrate finalmente” di Eliana Di Caro letto da Tullio Fazzolari

 

“Giudice finalmente…” cantava Fabrizio De André narrando la storia del nano che si prende la sua rivincita salendo sulla “cattedra di un tribunale” e sentendosi “arbitro in terra del bene e del male”. Senza dubbio una vicenda triste con un protagonista sgradevole. “Magistrate finalmente” di Eliana Di Caro (il Mulino, 168 pagine, 15 euro) riecheggia nel titolo i versi di De André ed è anche il racconto di una rivincita ben più importante. Esattamente sessant’anni fa, nel maggio del 1963, per la prima volta otto donne laureate in giurisprudenza possono fare il concorso per entrare in magistratura. E lo vincono senza bisogno di quote rose ma per le proprie capacità e perché finalmente è stata data loro l’opportunità di dimostrare che sono più brave di tanti uomini.

Le prime donne che diventano giudici sono Graziana Calcagno, Emilia Capelli, Raffaella d’Antonio, Giulia De Marco, Letizia De Martino, Annunziata Izzo, Ada Lepore e Gabriella Luccioli. E sembra giusto ricordare i loro nomi per almeno due ragioni. La prima è che durante tutta la loro carriera hanno badato unicamente ad amministrare la giustizia senza mettersi in mostra e senza farsi coinvolgere in polemiche sui giornali il che basta a distinguerle da qualche collega di epoca più recente. La seconda ragione, quella più importante, è che sono state loro ad aprire la strada a tante altre affrontando sessant’anni fa la sfida di entrare in un ambiente come quello giudiziario ancora pieno di pregiudizi verso il genere femminile. Oggi sembra tutto scontato. Abbiamo avuto due donne come presidente della Corte costituzionale. E finalmente una donna è al vertice della Cassazione. Ma nel 1963 per decidere di entrare in magistratura serviva coraggio e le otto ragazze lo hanno avuto.

Più che una rivincita è stata una conquista che ha sancito la fine di una discriminazione. Una legge del 1919 che pure aveva aperto alle donne l’accesso a molte professioni ne vietava però l’ingresso in molte carriere pubbliche tra cui la diplomazia, la prefettura e la magistratura. Nel 1948 l’articolo 51 della Costituzione stabiliva la parità ma la legge del 1919 continuava a essere in vigore. Ed è solo nel 1960 che la Consulta la dichiara incostituzionale. Serve una nuova legge e, senza troppa fretta, il Parlamento la emana tre anni dopo. È il mese di febbraio del 1963 quando cadono le barriere. Resta da vedere chi ha il coraggio e la determinazione necessari per entrare. Perché le prime due donne entrino nella carriera diplomatica dovranno passare alcuni anni. Non perdono tempo, invece, quelle otto decise a fare il giudice. C’è un concorso dopo pochi mesi e loro sono pronte. E’ l’inizio di otto importanti carriere che “Magistrate finalmente” racconta con grande misura. L’affermazione delle prime giudici in Italia è senza dubbio una vittoria di tutte le donne. Ma forse a guadagnarci più di tutti è proprio la magistratura. Annunziata Izzo, tanto per fare un esempio, emette in poco più di sei anni ben 1.300 sentenze civili. Facesse altrettanto qualche collega maschio non si parlerebbe tanto di lentezza della giustizia.

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