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Le news su Crosetto, Dagospia, Gennarone, Giannini, Santanché e non solo

Che cosa si dice e che cosa non si dice su Crosetto, Dagospia, Gennarone, Giannini, Santanché, Reputation Manager, Fs, Cisco, Ferrari, Stellantis, Telepass e non solo. Pillole di rassegna stampa

 

LA REPUBBLICA DEGLI ONANISMI

 

LE OSSESSIONI DI DAGOSPIA

 

CARTOLINA DA MOSCA

 

I TRAVAGLI DI SANTANCHE’

 

CROSETTO STRAPAZZA MACRON

 

FERRARI NON SI ELETTRIZZA TANTO

 

DOVE STELLANTIS CERCA INGEGNERI

 

2 CUCUZZE FERROVIARIE PER REPUTATION MANAGER

 

CISCO SLURPA MELONI

 

I LAVORI DI GENNARONE, IL RAPPER ANTI MELONI

 

I GIORNALISTI DEL SOLE FOLGORANO I VERTICI DEL SOLE

 

INVESTIMENTI DI CARTA

 

COME SFRECCIA TELEPASS

 

CARTOLINA DA LONDRA

 

CARTOLINA DA PARIGI

 

CARTOLINA DAL NIGER

 

CARTOLINA DALLA TURCHIA

 

CARTOLINE DALL’UCRAINA

 

CARTOLINA DALLA RUSSIA

 

GIORNALISMI

 

QUISQUILIE & PINZILLACCHERE

 

VARIE ED EVENTUALI

TUTTE LE MANOVRETTE DI HUAWEI (ANCHE IN ITALIA…)

CHE COSA SUCCEDE A APPLE?

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ESTRATTO DELL’INTERVISTA DEL CORRIERE DELLA SERA AL MINISTRO CROSETTO:

«La nostra posizione non cambia: abbiamo sempre detto che l’Ucraina andava aiutata in ogni modo possibile, e lo stiamo facendo, ma abbiamo anche sempre escluso un intervento diretto nel conflitto dei nostri militari». Guido Crosetto è fermissimo. Da ministro della Difesa che «dall’inizio» ha sostenuto che «si doveva aiutare l’Ucraina per evitare un allargamento del conflitto», oggi chiede di non alzare la tensione. Al contrario, si cerchi ogni forma di dialogo, iniziando a «tessere la tela della diplomazia». Perché se un conflitto deflagrasse «l’Italia avrebbe molto da perdere».

Quindi l’Italia non parteciperà ad alcun eventuale intervento armato?

«Assolutamente no! Questo oggi non può metterlo in dubbio nessuno».

Perché?

«Perché a differenza di altri, noi abbiamo nel nostro ordinamento il divieto esplicito di interventi militari diretti, al di fuori di quanto previsto dalle leggi e dalla Costituzione. Possiamo prevedere interventi armati solo su mandato internazionale, ad esempio in attuazione di una risoluzione dell’Onu. Quello ipotizzato in Ucraina non solo non rientrerebbe in questo caso, ma innescherebbe una ulteriore spiralizzazione del conflitto che non gioverebbe soprattutto agli stessi ucraini. Insomma, non esistono le condizioni per un nostro coinvolgimento diretto».

Quindi Macron ha sbagliato a chiamare a raccolta i paesi europei in caso di un peggioramento della situazione?

«Non giudico un presidente di un paese amico come la Francia, ma non comprendo la finalità e l’utilità di queste dichiarazioni, che oggettivamente innalzano la tensione».

Elettorali?

«No, questo non lo penso. Forse vogliono riaccendere un faro su una guerra, che i media avevano dimenticato. Purtroppo, si va a mode anche sui conflitti, va detto. Ora il centro di tutto sembra essere Israele, ma vorrei ricordare che se siamo stati scossi dall’attacco dell’Iran, gravissimo, con alcune centinaia di bombe e droni, non dobbiamo dimenticare che in Ucraina ogni giorno vengono sganciati diecimila — ripeto, diecimila — granate di artiglieria anche su obiettivi civili, su persone, su infrastrutture».

Ma se davvero l’Ucraina cedesse, l’Italia che farebbe?

«Dobbiamo evitare che ciò accada. Per questo fin dall’inizio abbiamo detto che l’Ucraina andava aiutata, perché se i Russi arrivassero a Kiev, se conquistassero un paese sovrano, se dessimo per scontato — come alcuni sedicenti esperti e professori compiacenti verso la Russia, e mi chiedo come si faccia a esserlo gratis… — che si può invadere un altro paese solo perché si è più forti, sarebbe un disastro per tutti».

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ESTRATTO DELL’ARTICOLO DI FUBINI PER IL CORRIERE DELLA SERA SULL’ECONOMIA RUSSA:

Putin, in Russia, ha in pugno le coscienze di un’ampia parte della società. Ma ha ancora un controllo altrettanto ferreo sul bilancio pubblico e sull’economia in genere, che gli serve a finanziare l’aggressione all’Ucraina e a pagare i programmi di sussidi all’interno, il welfare e i mutui agevolati alle famiglie sempre più necessari a proteggere la popolarità del regime? Di recente alcuni segni di scollamento, qua e là, sono diventati visibili. Giovedì Gazprom, il monopolio pubblico del gas, ha presentato i primi conti annuali in perdita da almeno un quarto di secolo: con il drastico calo delle forniture all’Europa, nel 2023 i ricavi da metano sono crollati del 60% sull’anno prima e il gruppo ha chiuso con un rosso equivalente a 6,4 miliardi di euro. Anche altri segni tradiscono il costo della guerra e delle sanzioni. Nei primi tre mesi del 2024 le importazioni sono in netto calo (almeno del 10% in valore) rispetto allo stesso periodo di un anno prima, molto probabilmente perché gli Stati Uniti stanno minacciando di mettere sotto sanzioni le banche cinesi che aiutano Mosca e queste ora stanno esitando a finanziare i contratti commerciali russi.

Ma, visti dalla prospettiva di Vladimir Putin, i segni di forza dell’economia e del bilancio russo sembrano ancora prevalenti. Le entrate da petrolio e da gas fanno da sole quasi metà del gettito dello Stato e nei primi tre mesi dell’anno viaggiano del 79% sopra i livelli di un anno fa. Anche le altre entrate sono cresciute (del 24%), al punto che il governo sembra comodamente sulla rotta per chiudere l’anno con un deficit sotto all’1% del prodotto lordo — da fare invidia a chiunque in Europa — malgrado la conversione della Russia in un’economia di guerra. Le spese militari e di repressione saliranno quest’anno del 48% rispetto al 2023, arrivando al record di quasi il 40% di tutta la spesa pubblica. Di questo passo anche l’anno prossimo e nel 2026, viste le riserve sovrane in oro, Putin potrà mantenere il budget dei militari ai livelli grotteschi attuali. C’è una ragione di fondo: non stanno funzionando le sanzioni del G7 sul petrolio russo, che si vende a prezzi ben oltre i «tetti» indicati dai Paesi democratici grazie a una flotta di petroliere mal assicurate, di proprietà oscura e pericolosissime per l’ambiente in caso di incidenti sul mare.

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