Skip to content

Le news su Butti, fondi Ue, Giordano, Open, Trump, Xi e non solo

Che cosa si dice e che cosa non si dice su Butti, Giordano, Open, Trump, Xi fondi Ue e non solo. Pillole di rassegna stampa

 

CONFINDUSTRIA PLACIDA SUI DAZI

 

CINA MOSCIA ANTI DAZI USA

 

LA TRUMPATA DI TRUMP SU UCRAINA E RUSSIA

 

CI SALVERA’ IL NUCLEARE

 

CHI HA SMARCHETTATO PER L’UE CON I FONDI UE?

 

 

CARTOLINA DALL’EUROPA

 

CARTOLINA DALLA SPAGNA

 

CARTOLINA DALLA ROMANIA

 

CARTOLINA DALLA LIBIA

 

CARTOLINA DALLA GRAN BRETAGNA

 

CARTOLINA DALLA FRANCIA

 

IL FRANCESE NIEL DI ILIAD SU MUSK

 

QUISQUILIE & PINZILLACCHERE

 

+++

ESTRATTO DI UN ARTICOLO DEL SOLE 24 ORE SUI DAZI:

Un déjà-vu. I dazi minacciati dal presidente degli Usa Donald Trump sulle importazioni di acciaio non sono una novità in un mercato sempre più regionalizzato come quello siderurgico e, almeno per il momento, non sembrano agitare più di tanto le imprese italiane. La realtà è che ci sono ancora questioni da chiarire, e la principale è rappresentata dal fatto che in questi anni c’è già stata una progressiva corsa a erigere barriere, innescata proprio da Trump nel suo primo mandato. Questi muri sono stati forse un po’ sbrecciati in questi ultimi anni, ma in realtà mai abbattuti (anche se ora rischiano di diventare ancora più alti).

I risultati dei dazi del 2018 sono evidenti scorrendo i dati sugli scambi commerciali tra Italia e Usa pubblicati dall’American iron&steel institute: l’export oltreoceano del nostro acciaio oggi è fermo a circa 300mila tonnellate all’anno (vale a dire circa l’1,5% delle 20 milioni di tonnellate prodotte in Italia nel 2024), dimezzato rispetto a prima del 2018; un numero – calcolato comprendendo semilavorati, piani, lunghi e tubi – confermato dalle elaborazioni di Siderweb su dati Istat, secondo cui la parte da padrone la fanno i tubi, con circa 90mila tonnellate. I veri «nemici» degli Usa, a fronte di un totale di 28,858 milioni di tonnellate importate, sembrerebbero oggi essere invece piuttosto il Canada (6,6 milioni esportati), il Messico (3,5 milioni), la Corea del Sud (2,8) e soprattutto il Brasile, con 4,5 milioni di tonnellate esportate nel 2024, mezzo milione in più nel solo ultimo anno.

L’acciaio globale ha dovuto rivedere la sua visione del mercato americano nel 2018, quando Trump ha deciso l’introduzione di una serie di dazi per vari prodotti importati in acciaio e in alluminio (soprattutto per i coils a caldo) con un range tra il 10% e il 25%, come parte di un’iniziativa più ampia nota come Section 232, richiamando la necessità di barriere per la difesa della sicurezza nazionale. La decisione americana ha coinvolto anche l’Ue, provocando un effetto domino sugli altri paesi. L’Europa, in particolare, è stata costretta ad arginare una Cina intenzionata a trovare nel vecchio continente uno sbocco per tutte quelle produzioni non più sdoganabili negli Stati Uniti. Per difendere le proprie produzioni, Bruxelles ha introdotto a sua volta una misura protezionistica, la cosiddetta Salvaguardia. Si tratta di un sistema di quote, diverse Paese per Paese, calcolato in base alle medie esportative degli anni più recenti, allo scopo di limitare la permeabilità del mercato europeo rispetto al flusso esportativo dei Paesi emergenti. Esaurita la prima stagione trumpiana, con l’amministrazione Biden i toni si sono ammorbiditi, sono state introdotte esenzioni e quote in una prospettiva di una futura rimozione della Section 232 che, però, non si è più perfezionata. Allo stesso modo, anche la Salvaguardia Ue, pur con successive modifiche, è ancora attiva.

Torna su