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Giorgetti

Le guerre di carta

I Graffi di Damato

Giustamente, per carità, ci lamentiamo spesso del livello al quale è sceso il dibattito o confronto -come si dice con più finezza- fra i politici. Che se ne dicono, e spesso se ne danno pure di tutti i colori nelle aule parlamentari. E’ ancora fresca di stampa quella “troia” gridata sui giornali da un leghista – se non ricordo male – ad una collega appena passata ad un altro partito. Ma anche noi giornalisti, non ancora soddisfatti di quante copie abbiamo lasciato perdere ai nostri giornali, appunto, facendoli semplicemente male, e qualche volta provocandone anche la chiusura, non scherziamo nella corsa con i politici a chi la spara più grossa o sporca, pensando a volte di essere persino spiritosi.

Mi permetto di segnalare la Letizia Moratti – la “sventurata”, mi verrebbe da dire, lasciatasi manzionamente convincere dagli amici milanesi ad accettare la proposta di fare l’assessora e la vice presidente della regione Lombardia in tempi di pandemia – offerta oggi dal Fatto Quotidiano ai suoi lettori in prima pagina con la vignetta di Riccardo Mannelli. Che le dà della “Moratti sua”, traducibile a vista o a orecchio in “mortacci sua”. Ma, non bastandogli l’ironia del vignettista, Marco Travaglio nel suo editoriale-direttoriale ha storpiato il nome della Moratti da Letizia a Mestizia. Bel colpo. E meno male che questo campione della spiritosaggine non è finito a dirigere qualche ufficio anagrafico perché vi lascio immaginare che cosa avrebbe combinato negli atti di nascita e nella confezione delle carte d’identità.

Nello stesso editoriale-direttoriale del medesimo giornale troviamo oggi Guido Bertolaso, notoriamente poco gradito da quelle parti, degradato a Disguido e il presidente della regione lombarda Attilio Fontana, neppure lui molto gradito, generosamente promosso ad Artiglio.

Credo che abbia proprio ragione Piero Sansonetti sul Riformista, ovviamente per nulla apprezzato dal Fatto e ricambiato, a chiedere “Marco, sei impazzito?”. Ma non per il numero di giornale che quello stava chiudendo mentre Sansonetti scriveva, bensì per quello già uscito, in cui al direttore purtroppo, per lui, non più giovane del Giornale Alessandro Sallusti era stato dato del “bambino ritardato”, riuscendo a fare un torto all’uno e all’altro.

Non meno sconfortante è la presunta ironia di Libero. Che in prima pagina ha tradotto le critiche di un giornale tedesco all’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte e al perdurante ministro della Sanità Roberto Speranza per la gestione della pandemia in una vignetta colorata in cui l’uno e l’altro sono seduti, in vigilanza o raccoglimento processuale, su una bara. Mah. Di questi tempi, poi…..

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