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Le dragate di Draghi

Che cosa ha detto e che cosa non ha detto Mario Draghi al meeting ciellino di Rimini. La nota di Sacchi

Daniele Capezzone, direttore editoriale di “Libero Quotidiano”, ieri in un post ironico ma neppure troppo su X è stato facile profeta. Con rare eccezioni come lo stesso “Libero” (di cui il direttore responsabile è Mario Sechi) che mette la notizia con un piccolo richiamo in prima e poi “forte in cronaca” come si diceva una volta nel gergo redazionale, sui cosiddetti giornaloni oggi è una sorta di tripudio di Mario Draghi che al meeting di Rimini ha schiaffeggiato la Ue. Capezzone aveva scritto così nel suo post: “Generatore automatico di titoli su Draghi domani mattina. Scegliere a piacere:
A. La lezione di Draghi
B. Il monito di Draghi
C. La sveglia di Draghi
D. Lo schiaffo di Draghi
E. La sferzata di Draghi
Il titolo che invece non troverete:
MA IN QUESTI ANNI DOV’ERA DRAGHI?”.

Già, dove era. L’ex capo della Bce, l’ex premier italiano non è stato, se non altro per il rilievo delle cariche ricoperte, esattamente un passante in Europa. Tutti ricordano, ad esempio, le immagini di quel treno per Kiev con a bordo lui, Macron, l’ex cancelliere tedesco, Olaf Scholz.

Ma Draghi è intransigente, forse anche con se stesso a questo punto, e rimprovera alla Ue di essere stata ininfluente, solo spettatrice della guerra in Ucraina. Poi, però uno legge per intero il discorso e vede che verso la fine Draghi dà atto alla Ue di essersi mossa bene all’inizio, con il sostegno all’Ucraina. E ancora che ci fu, a suo avviso, una buona risposta ai tempi del Covid con un efficace piano di vaccinazione. Insomma, valutazioni positive che coincidono con il periodo in cui lui era premier di un governo di emergenza nazionale.

Ora, per carità, lungi da noi voler adombrare solo il minimo sospetto che Draghi abbia voluto indirettamente criticare Ursula von der Leyen e il premier Giorgia Meloni. Tra l’altro, verso la fine, c’è anche un riconoscimento dello sforzo unitario per la pace con i vertici alla Casa Bianca che hanno visto insieme Trump e i leader europei. Però è un fatto che tv e giornali vadano in sollucchero per gli “schiaffi” di Draghi su cose già sollevate prima di lui, seppur certamente con approcci e soluzioni diversi, dagli stessi famigerati “sovranisti”, attaccati di nuovo dall’ex premier a Rimini.

Ma i cosiddetti “sovranisti” o conservatori che siano, per obiettività, non hanno riproposto in questi anni il ritorno alle nazioni di una volta. Ma la necessità di un’Europa politica, o dei popoli, che andasse oltre il mero aggregato economico, sopravvalutato e ormai superato, come dice giustamente Draghi.

Le ricette divergono certamente tra Draghi che chiede il “debito comune” anche per la Difesa, lancia l’appello in generale all’unità e “sovranisti” o conservatori, ma in quelle dell’ex presidente della Bce non si vedono nette parole di critica per le burocrazie europee che hanno soffocato la Ue come espressione politica.

Critica che hanno spesso fatto gli stessi “europeisti” di Forza Italia, espressione del Ppe, sebbene in questa occasione il responsabile economico azzurro Maurizio Casasco accolga “positivamente il quantitative easing mirato a settori strategici come produzione industriale, salute e difesa, intesa anche come infrastrutture, spazio e cybersicurezza. Proposta lanciata per primo da Tajani”.

Ma il punto è che non si capisce bene con chi se la prende davvero Draghi, con la sua strigliata all’Europa. E però oggi giù con uno scroscio anche mediatico di applausi al suo schiaffo alla Ue.

Ma la Ue non è, anzi, non è stata anche lui, l’ex SuperMario? Ora applaudito soprattutto da sinistra e dai piccoli centri di Renzi e Calenda. Oltre che dalla solita stampa che chinò il capo anche di fronte all’amletico dilemma del SuperTecnico premier: pace o condizionatore? Fortuna che era solo aprile, perché d’estate ci sarebbe stato pure del comico. In quello che era visto come il “regno di draghilandia”.

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