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Le contraddizioni di Elly Schlein

Tribolazioni e piroette di Elly Schlein. I Graffi di Damato

Sette milioni di studenti tornano a scuola, o almeno ci provano, pur trovando un insegnante supplente su quattro. Il Pd invece si appresta a tornare in piazza – parola della segretaria Elli Schlein a Ravenna chiudendo la festa della vecchia Unità – per non lasciare soli Maurizio Landini e Giuseppe Conte a scaldare l’autunno in arrivo. E facendo scoprire pure al buon Federico Geremicca sulla Stampa che “l’universo dem ha cambiato faccia” ormai: tanto fare uscire in un solo giorno in direzione di Carlo Calenda 31 eletti nella sola Liguria fra la soddisfazione della segretaria. Che li ha accusati di avere a suo tempo sbagliato ad entrarvi o rimanervi in attesa di vedere e capire cosa lei fosse capace di fare.

Il presidente del partito Stefano Bonaccini, sconfitto nella corsa alla segreteria per il voto degli “esterni”, soprattutto grillini, ha contestato alla “superiora” in camicetta quasi violacea, da mezza Quaresima, di essere in piazza – parola di Osho sul Tempo – più di un arrotino. Che in effetti in piazza, o per strada, ormai non si vede e non si sente più, tanto sono diventati a perdere anche i coltelli.

Meno ironicamente di Bonaccini e Osho, ma con più sollievo da parte della Gorgia Meloni di ritorno dall’India, Il Foglio dichiaratamente simpatizzante del Pd di Enrico Letta nelle elezioni politiche dell’anno scorso e un po’ altalenante poi col Pd a guida femminile, ha impietosamente rimproverato alla Schlein di “cercare un modello tra le sinistre perdenti” in Europa: dall’Inghilterra della Brexit alla Francia, dalla Germania alla Spagna, dove Pedro Sanchez cerca ancora di sopravvivere alla sconfitta infertagli recentemente dai popolari. Ma a che prezzo? Gliel’ha spiegato il direttore del quotidiano con la ciliegia fra i denti ricordandole che il premier socialista è appeso al partito guidato da Carles Puigdemont, ancora inseguito da un mandato di cattura emesso dalla magistratura spagnola a causa del referendum separatista promosso anni fa in Catalogna.

“Può la leader di un partito che ha trasformato la battaglia contro l’autonomia differenziata in un suo elemento distintivo sostenere un governo che nascerebbe grazie ai voti di un partito cento volte più nazionalista della Lega?”, ha chiesto Cerasa alla Schlein inchiodandola alla croce, per fortuna, solo metaforica della incoerenza e della disinvoltura. La sventurata, diversamente dalla monaca manzoniana di Monza, non risponderà naturalmente, essendo Cerasa -credo- un dannato eterologo, direbbe orgogliosamente il generale Roberto Vannacci in attesa di altro incarico nell’Esercito dopo l’incontro col ministro della Difesa Guido Crosetto, a sua volta reduce mediaticamente dalle effusioni al mare con sua moglie, meno imponente ma più bella di lui.

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