Skip to content

praga

È in corso una guerra, tra armi e parole

Azioni e dichiarazioni. Manipolazione e propaganda sono le forme di comunicazione inevitabili delle guerre, nessuno ne è esente. Il corsivo di Falconi

Volodymyr Zelensky ha lamentato che, quando il suo nemico russo attacca, i suoi amici sono più veloci con le dichiarazioni che con i fatti: “Quando la Russia dimostra ancora una volta di fregarsene delle parole, contiamo su azioni concrete. Questa guerra non finirà con dichiarazioni politiche, servono passi veri. Attendiamo azioni da parte di America, Europa e del mondo intero”.

Dopo che almeno 19 droni russi, alcuni provenienti dalla Bielorussia, hanno violato lo spazio aereo polacco, la Polonia ha attivato l’Articolo 4 della Nato, che prevede consultazioni tra gli alleati. Si sono mobilitati caccia F-16, F-35 olandesi, batterie Patriot tedesche e un aereo radar italiano decollato dall’Estonia. E la Polonia ha poi schierato 40 mila soldati al confine con Russia e Bielorussia. Non si può dire che le azioni siano mancate del tutto, anche se la Nato ha scelto la cautela, evitando l’attivazione dell’Articolo 5.

Poi, certo, ci sono state molte, dure parole. Il premier Donald Tusk ha definito l’incidente “la più grave violazione dello spazio aereo dalla Seconda guerra mondiale”. Il nostro ministro della Difesa, Crosetto, ha definito “Il raid di Mosca un test” per valutare la reattività della Nato, invitando a “Reagire alla guerra ibrida”. Sergio Mattarella da Lubiana, includendo nel discorso l’attacco israeliano al Qatar e la situazione a Gaza, ha evocato il 1914: “Siamo su un crinale pericoloso, come alla vigilia della Prima guerra mondiale”. Ursula von der Leyen ha proposto l’Eastern Flank Watch, un programma europeo di sorveglianza strategica in tempo reale. Il più vago è stato Donald Trump, che ha reagito sui social con un: “Ci risiamo!”, senza condanne esplicite.

Diciamo che azioni e dichiarazioni corrono parallele. Gli esperti sostengono che Putin sta cercando di destabilizzare l’Europa, solo qualche rara eccezione sostiene che lo zar non ha interesse all’escalation. Ma le voci dei russi o di chi invita ad ascoltarli sono molto meno presenti nel dibattito, forse anche per questo si ha l’impressione che – al contrario nostro – usino soltanto le armi. Il Cremlino ha negato ogni responsabilità, parlato di “miti propagandistici” e accusato la Polonia di voler alimentare l’escalation. La Bielorussia sostiene che alcuni suoi droni sono “sfuggiti al controllo”. Un filo di dubbio indurrebbe a cercare di capire più precisamente cosa sia successo, prima di parlare e di agire.

Ma manipolazione e propaganda sono le forme di comunicazione inevitabili delle guerre, si basano sulla distorsione, sulla minimizzazione o esagerazione delle notizie e servono a dare di sé un’immagine migliore, di maggior potenza o di maggior diritto, scaricando sul nemico colpe e debolezze. Nessuno ne è esente, tutte le parti in gioco tendono a utilizzarle. L’allarme rientra in questo contesto. Dire che ci troviamo alle soglie di una guerra mondiale induce un’ansia generalizzata, nel tentativo di spingere a reagire in modo più tempestivo e deciso. Come chiede Zelensky.

Torna su