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Lanciare moniti, meglio che esercitare il potere

Meglio lanciare alti moniti o fare facili opposizioni che comandare, lo dimostrano Meloni, Mattarella, il Papa e Trump. Il corsivo di Battista Falconi.

Se al bambino di “Quo Vado?” (il film con Checco Zalone è del 2016 ma conserva il titolo di pellicola italiana con il maggiore incasso) oggi si chiedesse “che mestiere vuoi fare da grande?”, probabilmente non risponderebbe più “il posto fisso”, vista la scarsità dei salari italiani, pubblici ma soprattutto privati, che non reggono l’erosione inflattiva. Potrebbe però rispondere a ragione “voglio lanciare moniti”, pensando alla facilità con cui Sergio Mattarella solleva periodicamente i temi sempiterni dell’equità e congruità retributiva e della sicurezza dei lavoratori. L’ultima volta, in previsione del primo maggio, ieri a Latina, accolto dalla consueta ovazione encomiastica.

La colpa non è certamente del Capo dello Stato, anzi gli appelli alle realtà migliori del possibile rappresentano un aspetto determinante del lavoro di Presidente della Repubblica, così come di quello del Sommo Pontefice. E infatti tutti, senza quasi esclusioni né eccezioni, abbiamo elogiato nei giorni scorsi l’attenzione agli ultimi e l’impegno per la pace del defunto Papa Francesco, nonostante che, soprattutto sulla seconda, da diversi testimoni ne siano emerse la delusione e le lamentele per la sostanziale inutilità degli sforzi compiuti per giungere a una conclusione dei conflitti ucraino e mediorientale.

A proposito del secondo, un’ottima trasmissione della Rai, “Presa diretta” di Riccardo Iacona, ha mandato in onda domenica scorsa una puntata monotematica e monocorde, in cui si accusava Israele di condurre contro i palestinesi una guerra inumana con uno scopo genocida. Tesi non originale, molto gradita a sinistra (con diverse sfumature e accentuazioni) e nemmeno del tutto campata in aria: solo che le si dovrebbe sempre accompagnare la domanda, che la puntata non si poneva, dei fondati motivi per cui gli israeliani non si sentono sicuri avendo come vicinissimi i palestinesi, che non si decidono a chiudere i rapporti con Hamas e con le tentazioni guerrigliere, terroristiche e (sicuramente) genocide coltivate da parte del mondo islamico.

Raccontiamo l’episodio perché ieri si è consumato un surreale teatrino: Carlo Giovanardi, Ugo Volli e Iuri Maria Prado hanno inviato al Coordinatore per la lotta all’antisemitismo una segnalazione su “Presa diretta”, impropria ma del tutto legittima, e il Pd ne ha prontamente approfittato per coinvolgere nell’ennesima polemica sulla libertà di stampa presuntamente attentata Palazzo Chigi, da cui il Coordinatore dipende. Come se uno fosse responsabile non di cosa scrive, ma di cosa gli viene scritto.

Non si può non comprendere Giorgia Meloni quando, sommessamente o implicitamente, rimpiange i bei tempi in cui si stava meglio quando si stava peggio: non il fascismo, ovvio, ma la sua lunga carriera di parlamentare all’opposizione. Così come il lanciatore di moniti, anche l’oppositore politico è un mestiere comodo e sicuro, basta cogliere ogni occasione per alzare stracci e fumo, anche una loffia come in questo caso. Comandare davvero, invece, è un mestiere difficile e rognoso, che comporta molti più danni che benefici se si prova a fare davvero qualcosa (per la pace, per il lavoro, contro l’antisemitismo…).

Meglio ancora di Meloni lo sa Donald Trump, che sta festeggiando i suoi cento giorni in un solipsistico entusiasmo, avulso dalla realtà che vede mercati e borse sotto tensione, nonostante che gran parte delle perdite paventate siano state recuperate, e cittadini americani scontenti come mai accaduto dopo così poco tempo alla Casa Bianca, nonostante che la situazione reale sia più stazionaria che peggiorata. Diciamo che Trump sta lavorando tendenzialmente male, al momento il ritorno è tendenzialmente passivo, sia come tenuta interna al suo establishment sia come reazioni esterne (vedi il voto in Canada). Ma non gli si può disconoscere il tentativo di usare il potere ricevuto per fare cose concrete, per indurre cambiamenti reali.

Conviene? O non conviene invece lanciare moniti e fare opposizione, accampare buoni principi, indicare obiettivi impossibili da raggiungere ma belli da traguardare, accusare a casaccio sempre qualcun altro di qualcosa? Così si gestisce il potere in tranquillità. Questi sì che sono bei posti fissi.

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