Non deve essere stato piacevole per Giuseppe Conte sfogliare oggi i giornali e scoprirsi incompreso, quanto meno. Sulla Stampa, tra prima pagina e interno, Massimiliano Panarari gli ha dato dell’”equilibrista” e del “CamaleConte”, variante di Camaleonte, passando in rassegna tutte le sue più recenti sortite e concludendo che “da quando è divenuto presidente del Movimento Cinque Stelle il tanto invocato rilancio non si è ancora visto”.
Il Domani di Carlo De Benedetti gli ha gridato in faccia sulla prima pagina che “è sempre stato soltanto un equivoco”. E con la firma del direttore Stefano Feltri ha spiegato: “Per qualche tempo è circolata una certa nostalgia per Giuseppe Conte, la cui popolarità dipendeva soprattutto dalla tendenza molto italiana di omaggiare il potente di turno e dall’essersi trovato a guidare il paese durante la pandemia. Ora è tornato come leader dei Cinque stelle, parla, scrive, fa interviste. E a ogni uscita conferma quanto immotivata fosse la stima di cui ha goduto”.
Sul Foglio gli hanno dato dello “spudorato” in un titolo – per “aver fatto da manichino per Salvini sui “decreti sicurezza” e averne ora denunciato errori e fallimento – e del “fantasma” in un altro per avere fatto “sparire il M5S dalle elezioni”, persino rinunciando a candidare un pentastellato alle suppletive di Roma del 3 ottobre per sostituire la deputata grillina Emanuela Del Re, dimessasi per un incarico internazionale. A Siena, dove pure si voterà per sostituire un parlamentare dimissionario, i grillini sostengono il segretario del Pd coperto da un mezzo anonimato politico, senza una sigla di partito o di coalizione, col suo solo nome in un cerchio rosso scuro. D’altronde, lo stesso Conte ha precisato che il rapporto privilegiato instaurato con Enrico Letta non significa un’”alleanza strategica” col suo partito, alla faccia del “centrosinistra largo” che auspica ogni tanto.
Ma per fortuna di Conte c’è la 7 di Urbano Cairo con i sondaggi elettorali affidati a Swg, nel cui ultimo si è buttato come un pesce il sito on line del Fatto Quotidiano – e chi sennò? – per annunciare la grande, grandissima notizia che vendica subito Conte dai suoi detrattori. Fra il 2 e il 30 agosto da presidente digitalizzato del MoVimento 5 Stelle Conte gli ha procurato “quasi un punto” in più di voti: esattamente lo 0,8 per cento, dal 15,5 al 16,3. E pazienza se si tratta pur sempre di più della metà in meno dei voti grillini nelle elezioni politiche del 2018.
Questo 0,8 per cento in più di voti in meno di un mese è stato sbattuto in faccia dai nostalgici di Conte al solo 0,1 per cento guadagnato dal Pd e allo 0,2 di Forza Italia. Non parliamo poi dello 0,5 per cento in meno della Lega, che non ha fatto in tempo evidentemente a beneficiare dell’apprezzamento espresso dal governatore pugliese e piddino Michele Emiliano per Matteo Salvini, e dello 0,2 per cento in meno di Calenda. E pazienza – di nuovo – per quella “sinistra italiana” stabile al 2.7 e per i fratelli d’Italia di Giorgia Meloni stabili, in testa alla classifica generale, col loro 20,6 per cento. Si fa presto, come si vede, ad accontentarsi. Anzi, a cantare vittoria. Meno male – ripeto – che la 7 c’è, anche se c’entra fino ad un certo punto, non potendosi dubitare della Swg.