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La vera scommessa dell’autonomia differenziata

Che cosa non si dice nel dibattito sull’autonomia differenziata. Il taccuino di Federico Guiglia

 

Dice Roberto Calderoli: “Prima facciamo, meglio è”. Risponde Vincenzo De Luca: “Siamo impegnati in una battaglia contro un’idea devastante”.

Ma fra il ministro per gli Affari regionali e uomo della Lega che ripropone l’autonomia differenziata e il presidente della Campania e uomo del Pd che la rifiuta, non c’è soltanto un mare di polemiche.

C’è un principio della Costituzione: basterebbe ricordarlo e rispettarlo, per spegnere ogni fuga in avanti o corsa all’indietro.

Dice l’inderogabile articolo 5: “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali”. Se il governo, le opposizioni e i governatori si atterranno a queste chiare parole, lo scontro per partito preso perderà d’incanto tutta la sua carica di contrapposta retorica.

In ballo non può esserci l’idea di spaccare ciò che è unito, l’Italia, perché questo sì che sarebbe contro il buon vivere, prima ancora che contro la Costituzione. Qui, invece, si tratta di trovare regole uguali per tutti che consentano a ciascuno di assumersi nuove e maggiori responsabilità, ossia si discute di come far valere le prerogative richieste da almeno tre Regioni -Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna- non contro, ma nell’interesse di una migliore organizzazione dello Stato.

Sul come farlo, la maggioranza ha tirato fuori tre idee dal cappello, come ha annunciato il ministro Calderoli dopo un apposito vertice governativo: autonomia differenziata legata al presidenzialismo e al ruolo di Roma capitale. Se così il testo -tutto ancora da scrivere- alla fine sarà, l’intoccabile cornice dell’unità nazionale ne uscirà persino rafforzata.

Ma l’opposizione e le Regioni del Sud temono che, consentendo alle Regioni del Nord, cioè le più ricche e meglio organizzate, di fare da sé in materie come scuola, salute, energia e molte altre, si creerà un’Italia a due velocità. Coi più forti che avanzano e gli altri che rincorrono.

E’ un rischio vero. Ma, anche qui, basta poco per non correrlo: prevedere livelli minimi di servizi e di obblighi uguali per chi pedala in testa e per chi insegue, così da non lasciare nessuno indietro nella volata.

Se l’autonomia metterà insieme e valorizzerà le straordinarie diversità nel grande mosaico dell’Italia, la sfida incoraggerà le Regioni -ma pure i Comuni, prima e trascurata radice dell’identità italiana- a fare meglio e a dimostrare di saper fare meglio. La scommessa della responsabilità.

(Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi)

www.federicoguiglia.com 

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