La Turchia a conduzione Erdogan ha deciso l’ingaggio militare massivo in Libia a sostegno del governo di al Serraj per evitarne la sconfitta da parte delle milizie di Haftar, combinato con la definizione di un’area economica marina turco-libica nel Mediterraneo orientale che fornisce ad Ankara uno strumento formale di dominio/interdizione delle risorse energetiche dell’area, intento anticipato mesi fa dall’invio di navi militari per impedire l’esplorazione di giacimenti vicino a Cipro da parte di aziende italiane ed europee.
Ora l’Italia e l’Ue devono trovare una risposta. L’interesse economico italiano primario è tutelare la presenza delle operazioni dell’Eni in Libia e, soprattutto, evitare che nell’area dominata dal governo di al Serraj e tribù alleate (parte della Tripolitania) la concessione all’Eni venga sostituita con una ad aziende turche.
L’interesse politico è che il presidio costiero non vada in mani ostili che potrebbero usare i flussi migratori come arma di ricatto. L’interesse combinato italiano e francese è che la Turchia rientri nei suoi confini, rinunciando alla sua ambizione neo-ottomana. Haftar è sostenuto da Arabia Saudita, Emirati ed Egitto, considerando che America e Israele sono alleati di questi e che la Russia si è infilata via Egitto e che la Francia vi è da sempre. Al Serraj è sostenuto da Turchia e Qatar entro la guerra intra-sunnita tra filo-sauditi e Fratellanza musulmana.
L’Italia ha sbagliato alleanza collocandosi nella seconda. Il cambiarla ora la esporrebbe a gravi danni qualora il conflitto finisse con la divisione tra Cirenaica all’Egitto e Tripolitania alla Turchia. Ma il restarvi emarginata dalla Turchia sarebbe un rischio forse peggiore. Roma è indecisa.
La situazione è in stallo. Per sbloccarla bisognerebbe aiutare una parte a vincere e usare la mossa turca a favore degli interessi italiani: convergenza tra Francia e Italia estesa anche a collaborazioni per il presidio congiunto sia del Mediterraneo sia dell’Africa, alleanza con l’Egitto dandogli influenza sulla Libia in cambio di garanzie per gli affari e per il controllo dei migranti.
Ciò renderà nullo anche il trattato della zona economica marina turco-libica. Non facile, certo, ma scelta più produttiva di altre per Roma e l’Ue.
(estratto di un articolo pubblicato su Italia Oggi)