All’”autunno del disincanto” di cui si è occupato su Repubblica Massimo Giannini scrivendo delle guerre e di come se ne stia occupando il governo italiano -naturalmente male, anzi malissimo secondo lui- appartiene anche, nel suo piccolo, la crisi del cosiddetto campo largo dell’alternativa su cui tanto avevano scommesso e sperato nel giornale che fu di Eugenio Scalfari.
Dopo avere rifiutato di seguire Elly Schlein nell’”asilo Aventino”, come Marco Travaglio sul Fatto ha definito con sarcasmo il ritiro del Pd dalle Camere che hanno concorso al rinnovo del Consiglio d’amministrazione della Rai, Giuseppe Conte ha praticato sfasciato il laboratorio ligure del campo largo rifiutando la partecipazione, per quanto defilata, di Matteo Renzi. E ne ha spiegato le ragioni in una intervista al Corriere della Sera in cui reclama “credibilità” per le alleanze che vengono proposte al suo pur malridotto movimento 5 Stelle, spinto verso la scissione dallo stesso fondatore e tuttora “garante” Beppe Grillo, per quanto a contratto come consulente addirittura della comunicazione.
Sullo storico giornale di Genova Il Secolo XIX il vignettista Stefano Rolli ha impietosamente tradotto la situazione del campo largo dell’alternativa in Liguria, dopo lo scontro sulla partecipazione dei renziani, a quella del laboratorio cinese famoso per avere forse generato il covid.
Chi sia destinato ad uscire peggio dall’avventura ligure prodotta -non dimentichiamolo- dalla crisi praticamente imposta dalla magistratura arrestando per corruzione l’allora governatore della regione Giovanni Toti dopo circa quattro anni di intercettazioni- lo vedremo fra un mese. Con i risultati delle elezioni nelle quali si sono proposti alla presidenza della regione l’ex ministro piddino Andrea Orlando e il sindaco di Genova Marco Bucci, chiamato dal centrodestra ad aprire una nuova “era”, come l’ha chiamata il segretario forzista Antonio Tajani chiudendo a doppia mandata quella dell’ex governatore, oltre che ex compagno di partito. Che al processo ha notoriamente preferito, a sorpresa, un patteggiamento per corruzione declassata a “impropria”, con due anni e un mese di lavori socialmente utili e di interdizione dai pubblici uffici, e la confisca di un’ottantina di milioni di euro di finanziamenti elettorali ottenuti da privati.
I renziani potrebbero rivelarsi decisivi nelle urne come elettori nella veste dei rifiutati. Ma intanto Renzi per avere tentato la partecipazione al campo largo ligure, e per continuare ad aspirare a quello nazionale pur ormai improbabile, si è guadagnato dall’amico Claudio Velardi, succedutogli alla direzione del Riformista, la qualifica del “pifferaio magico” del famoso cartone animato del 1933.