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Beppe Sala

La “sirena romana” incanterà il sindaco di Milano, Beppe Sala?

L'approfondimento di Walter Galbusera su mosse, pensieri e aspirazioni del sindaco di Milano, Beppe Sala

Buone notizie e qualche dubbio per il sindaco di Milano, Beppe Sala. E’ giunta certo gradita, anche se non inattesa, la notizia dell’avvenuta prescrizione, dopo sette anni e mezzo dal giorno della retrodatazione di una nomina Expo, il reato contestato per il quale era stato condannato in primo grado. Poiché vi sono altri imputati, pur assolti in primo grado ma per reati non ancora prescritti, il processo di appello si terrà comunque, ma per il sindaco la “via crucis” giudiziaria è finita, anche se può darsi che qualcuno lo solleciti a rinunciare alla prescrizione. In realtà questa vicenda non ha appassionato molto la città che aveva già tacitamente assolto il sindaco per un peccato veniale che ha d’altra parte favorito l’avvio puntuale di un evento come l’Expo, considerato a torto o a ragione il motore della rinascita di Milano.

Più ancora gradito è l’esito di un sondaggio dei ricercatori della cattedra di sociologia alla Università Statale che ha misurato l’andamento del consenso degli abitanti di Milano nei confronti dell’amministrazione comunale nel 2019 rispetto a quello di cui godeva negli negli anni passati. Quest’anno i risultati danno l’idea di un apprezzamento in forte crescita per la squadra di Palazzo Marino, in particolare per il primo cittadino che raccoglierebbe il 65% dei consensi (che vengono anche da chi si colloca nell’area di centro destra e più ancora da chi non si colloca politicamente), a fronte di un indice di gradimento del 52% nel 2017 e del 54% nel 2018.

Accanto alle inevitabili critiche su alcuni aspetti particolari per la insufficiente manutenzione delle strade e qualche interrogativo sull’integrazione degli immigrati e sullo stato delle periferie, che non si trasforma però in un grido di allarme per la sicurezza, Beppe Sala viene visto come chi ha valorizzato la città sul terreno della crescita economica e che ha anche posto l’attenzione sui problemi ambientali e su quelli dell’equità sociale (ma il 40% degli intervistati chiede più impegno contro la povertà), facendone un modello per l’Italia intera.

Il sondaggio, che ha coinvolto 1100 soggetti , non va preso come oro colato ma l’impressione è che dia una rappresentazione abbastanza vicina alla realtà. Milano è una città del fare, apprezza più i risultati dei programmi, e non disprezza affatto che il sindaco lavori con lo spirito dell’amministratore di condominio anche quando organizza eventi di rilievo internazionale. D’altra parte bisogna sottolineare che la città di Milano, come del resto la Lombardia, gode di una diffusa cultura di governo e di uno spirito civico collaborativo dei cittadini che rendono più facile il lavoro degli amministratori.

C’è però una voce fuori dal coro, quella di Massimo Bonini, segretario della Camera del lavoro di Milano che chiede una correzione di tiro al Sindaco: “La città che si candida a guidare il paese sta discutendo da quattro mesi di uno stadio….”. Si riferisce all’accanita discussione tra le squadre di calcio milanesi e il Comune sull’abbattimento dello stadio di San Siro per costruirne accanto un altro. Secondo Bonini occorre richiamare l’attenzione sull’altra faccia di Milano che è “una città a due velocità”, al punto da mettere in discussione “la narrazione della metropoli modello” che rischierebbe persino di rendere antipatica Milano. Servirebbero invece segnali di attenzione per i più deboli, “quella parte di cittadini che resta indietro sempre e comunque” fatta anche di giovani , che viene sospinta sempre più nelle periferie della metropoli dove i servizi abitativi e i trasporti non sempre sono efficienti e che comincia a fare i conti con difficoltà occupazionali.

Su questo scenario aleggia però una domanda, Beppe Sala si ricandiderà a sindaco di Milano o scenderà in campo per assumere un ruolo nazionale? Se fosse vero che, come dice il sondaggio dell’Università Statale che Sala ha conquistato il “ventre molle” dell’elettorato, sarebbe difficile scalzarlo da Palazzo Marino nel 2021 ma, nel caso di una sua rinuncia a rimanere altri cinque anni a Palazzo Marino per il PD diventerebbe assai complicato, per non dire impossibile, trovare un candidato a succedergli con le stesse possibilità di vittoria.

In attesa che l’interessato prenda una decisione, nella pagine di cronaca di Repubblica si lancia un preoccupato allarme perché “la tentazione romana a Milano priverebbe PD e alleati del loro alfiere” e del resto” la città non può essere immune dalla sirena del centrodestra seppure in versione ruspa alla Salvini”. Secondo il giornale fondato da Eugenio Scalfari il vero problema però è che Sala, nel caso in cui avesse intenzione di rinunciare a Palazzo Marino nel 2021, dovrebbe dirlo il prima possibile per dare al PD il tempo necessario alla scelta di un candidato credibile,

L’incertezza di Sala è comprensibile, e va al di là dei suoi frequenti atteggiamenti tattici che nel contesto milanese si traducono in un pragmatismo magmatico che gli consente spesso di allargare il consenso. Beppe Sala è cresciuto alla scuola dell’imprenditoria lombarda, ha una eccellente carriera di manager e di amministratore che guarda ai risultati concreti ma, al di là del modello Milano che non è facilmente esportabile in gran parte del paese, non ha coltivato, almeno finora, disegni di strategia e di alleanze politiche che lo mettano al riparo dalle” trappole” romane di partiti e istituzioni. In fondo la sua vera preoccupazione è quella di ritrovarsi in un mondo che non conosce del tutto e che gli potrebbe riservare amare sorprese.

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