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La riforma fiscale di Trump colpirà davvero i miliardari?

L'amministrazione Trump si starebbe accingendo a compiere una clamorosa svolta fiscale per i miliardari, con un "minimo" aumento di tasse per i grandi ricchi. Tutti i dettagli.

Con gran sorpresa di tutti e scorno dei super-ricchi che alle scorse presidenziali avevano puntato in blocco su Trump, l’amministrazione guidata da The Donald, di concerto coi parlamentari repubblicani al Congresso, si starebbe accingendo a compiere una clamorosa svolta pro-tasse per i miliardari. Ecco cosa scrivono i principali quotidiani in lingua anglosassone della riforma fiscale in gestazione negli Usa che potrebbe tradire le solenni promesse fatte dallo stesso Trump in campagna elettorale.

L’annuncio via social di Trump

 Come riportato dalla Cnn, è stato lo stesso presidente venerdì in un post sul suo social Truth a scrivere che “sarebbe ben lieto di accettare” un “MINIMO (maiuscolo nell’originale) incremento di tasse sui RICCHI … al fine di aiutare i lavoratori a basso e medio reddito, la qual cosa farebbe letteralmente impazzire la sinistra radicale, che si affretterebbe a richiamare la famosa frase pronunciata da George Bush senior ‘Read my lips’ (la frase di Bush terminava con la stentorea promessa “nessuna nuova tassa”)”.

Ma la citazione, prosegue Trump a proposito dell’accusa di incoerenza che gli verrebbe inevitabilmente mossa, è inappropriata: “NO – prosegue il presidente richiamando il nome del candidato indipendente e terzo incomodo che drenò consensi a Bush – fu Ross Perot a costargli la mancata rielezione”.

 Il pacchetto fiscale in discussione

Come hanno scritto tutti i media a stelle e strisce, nel triangolo Casa Bianca-Congresso-Gop sta maturando l’idea di aumentare le tasse sui redditi superiori a 2,5 milioni di dollari, portandole dal 37% al 39,6%, come parte di un più ampio pacchetto fiscale che, se teoricamente mira a estendere i tagli varati dal Trump 1 che scadranno nel 2025, ha l’obiettivo esplicito di venire incontro ai ceti meno abbienti.

Secondo il Financial Times sarebbe stato lo stesso presidente – in barba alla tradizionale linea del suo partito votato da sempre alla riduzione delle tasse per i grandi contribuenti – ad avanzare la proposta di incrementare l’aliquota per i redditi più alti. Dal canto suo, il New York Times rivela che Trump ne avrebbe discusso direttamente con Mike Johnson, il presidente della Camera, anch’egli favorevole a innalzare fino al 39,6% l’aliquota per i super-ricchi.

Non è tutto: come riporta ancora il Nyt, oltre all’aumento delle tasse sui ricchi, nel pacchetto in discussione rientrerebbero anche altre misure che stanno agitando Wall Street. Ci sarebbero ad esempio l’intenzione di eliminare il trattamento fiscale preferenziale per i profitti dei gestori di hedge fund e private equity (i cosiddetti “carried interest”) e quella di incrementare il tetto per la deduzione delle tasse statali e locali (SALT), attualmente limitato a 10mila dollari, portandolo fino a quota 30mila, a detrimento soprattutto dei proprietari di immobili in aree benestanti.

Sempre per il Nyt si starebbero valutando anche altre proposte, tra le quali un aumento della tassa sui riacquisti azionari e ulteriori limitazioni alle deduzioni per compensi di alti dirigenti.

I motivi della mossa

Secondo il Ft, tali mosse risponderebbero a una duplice esigenza: attrarre da un lato il sostegno della base operaia che il Partito sta corteggiando da tempo, e mitigare dall’altro l’impatto dei tagli a Medicaid per non penalizzare quella stessa base che a novembre ha votato in massa per Trump.

L’obiettivo sarebbe in particolare di usare il gettito aggiuntivo ricavato dall’aumento delle tasse ai paperoni per finanziare tagli fiscali per la classe media e operaia, ma anche sostenere quel piano sanitario chiamato Medicaid che interviene a sostegno delle famiglie a basso reddito.

Non a caso, tra i conservatori si bollano tali idee come tipiche del Partito democratico, con le critiche più feroci pervenute da gruppi come Americans for Tax Reform e quelle più morbide partite dalla voce del senatore Michael Crapo, presidente della Commissione Finanze del Senato.

Cosa scrivono i media Usa

Cnn interviene nel dibattito dando la parola a Kevin Hassett, il National Economic Director e stretto consigliere di Trump. Dopo avergli chiesto se il presidente fa davvero sul serio in merito all’intenzione di alzare le tasse ai ricchi, Hassett risponde che il capo della Casa Bianca “non è in linea di principio un forte sostenitore dell’idea, ma è anche un forte sostenitore di molte altre cose”.

Il Wall Street Journal ha messo in luce le tensioni interne al partito derivanti dalle proposte trumpiane. In particolare, i cosiddetti falchi fiscali sono preoccupati per l’aumento del debito pubblico e spingono perciò per tagli alla spesa, mentre al contrario l’ala moderata insiste sulla necessità di non alienarsi gli elettori non benestanti con misure impopolari come la riduzione dei benefit di Medicaid.

Dietro l’angolo però potrebbero esserci non pochi problemi, sottolinea il Washington Post. Ad esempio, il nuovo pacchetto fiscale si scontrerebbe inesorabilmente con la necessità di rispettare le regole di bilancio, ma anche con quel processo di riconciliazione che consente di approvare leggi con una maggioranza semplice al Senato e richiede che le misure non aumentino il deficit oltre il 2034. Ciò implica, rileva ancora il WaPo, che molte delle agevolazioni fiscali previste potrebbero essere temporanee, con una scadenza fissata ad esempio al 2033.

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