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Proprietà Intellettuale

La riforma del copyright Ue favorirà l’industria culturale. Parola del prof. Marzano

Conversazione di Start Magazine con l’avvocato Paolo Marzano, partner dello studio Legance, docente di Tutela della Proprietà Intellettuale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università LUISS Guido Carli e presidente del Comitato consultivo permanente per il diritto d’autore (CCPDA), sulla proposta di riforma del copyright approvata dalla Commissione Ue  La Commissione Affari Giuridici del Parlamento europeo…

La Commissione Affari Giuridici del Parlamento europeo ha approvato con 14 voti favorevoli, nove contrari e due astensioni i piani per l’aggiornamento delle norme Ue sul copyright per il mondo online, in modo tale da garantire equa retribuzione per artisti e giornalisti. Adesso la negoziazione passerà nelle mani del Consiglio, co-legislatore insieme al Europarlamento.

Concorda innanzitutto sulla necessità di riformare il diritto d’autore, visto che la normativa vigente risale al 2001?

Dopo quasi vent’anni dall’approvazione dell’ultima direttiva Ue in materia e ancor di più dalla approvazione della Direttiva E-Commerce, direi di sì, che forse era venuto il momento di “fare un tagliando” generale. Non tutte le norme attualmente previste mi entusiasmano, ma direi che era necessario riequilibrare il rapporto tra industria creativa e Internet players. Si veda per tutti il dibattuto articolo 13 in tema di value gap, in buona parte altro non fa che recepire l’orientamento della Corte di Giustizia Europea in materia di active hosting providers’ liability.

L’articolo 11, “Protezione delle pubblicazioni di carattere giornalistico in caso di utilizzo digitale”, prevede l’introduzione di una link tax, ossia una tassa sui link. I diritti di copyright verrebbero estesi così agli snippet, ossia le anteprime degli articoli composte da titolo, immagine e sommario create automaticamente dai social network e dagli aggregatori di notizie quando pubblicano un link. Rappresenta un reale beneficio per gli editori?

Intanto credo sia importante puntualizzare una cosa: non è una ‘link tax’, ma un diritto d’autore o connesso accordato agli editori sui loro ‘snapshots’, spesso usati dai news aggregators su Internet. In parte anche questa norma era stata anticipata da contenziosi e dibattiti in diversi Paesi Ue, ergo, e per riprendere quanto dicevo prima, anche in questo caso la normativa raccoglie, registra, quanto accaduto in questi anni in materia di online copyright. Tornando alla domanda, credo che la risposta non possa che essere positiva: in questi mesi, le principali associazioni di editori europei hanno costantemente chiesto l’adozione di una norma che chiarisse il loro diritto di difendere l’attività da esse svolta contro l’uso non autorizzato delle proprie news; in Italia, peraltro, la normativa già da tempo dimostra una rara sensibilità al tema — si vedano gli articoli 100-102 della nostra legge 633. Per noi italiani, dunque, nulla quaestio: il diritto andava e va accordato.

In base all’art 13, i siti web dovranno adottare misure “appropriate” per impedire che il materiale protetto da copyright appaia sulla loro piattaforma. In molti sostengono che la maggior parte delle piattaforme minori non potranno permettersi sistemi di controllo adeguati e ne potrebbe conseguire una limitazione alla limitazione alla libertà di espressione. Cosa ne pensa?

Dico che la norma è molto, per certi versi troppo, ponderata, tiene in considerazione anche le dimensioni delle piattaforme, la loro audience ed altri elementi, non vedo grandi fattori di rischio. Penso anche che se non chiudiamo il famoso ‘value gap’ (gli utenti web scambiano sulle grandi piattaforme musica e video, le piattaforme monetizzano ciò con la raccolta pubblicitaria, come se fossero dei broadcaster, ma ai copyright holders non viene riconosciuto nulla o quasi), non inizieremo mai a remunerare l’industria della creatività, non si svilupperanno misure sempre più efficienti per filtrare materiale non autorizzato, né si svilupperanno nuove forme di licenza. Diamo ai copyright holders gli strumenti per valorizzare i propri prodotti, vedrete che gli investimenti e la produzione di cultura nell’Unione europea cresceranno, a beneficio di tutti, in primis gli utenti delle piattaforme.

A detta di un gruppo di europarlamentari rappresentati dalla MEP tedesca Julia Reda, “Invece di una legge europea, ne avremmo 28, e la più estrema diventerebbe lo standard de facto: le piattaforme digitali internazionali sarebbero motivate a rispettare la versione più severa per non incorrere in sanzioni”. È d’accordo?

La norma dovrebbe servire ad armonizzare più che frammentare; e poi, quale dovrebbe essere la sua forma più ‘estrema’? L’articolo 13 dice che le grandi piattaforme che organizzano i contenuti caricati dai propri utenti devono munirsi di licenze e filtrare il materiale che i copyright holders non intendono autorizzare. Si tratta di un business model ampiamente consolidato quello degli ‘active hosting providers’ che, con la raccolta pubblicitaria, lucrano sul materiale scambiato dai propri utenti. Se sono in grado di lucrare, devono, io credo, anche essere in grado di regolarizzare la propria posizione e assicurare il rispetto della legge; fino a ieri abbiamo discusso, lo avete visto, del rispetto della privacy; ora si chiarisce anche il tema della copyright compliance. Onestamente non vedo rischio di estremismi quando chiedo il rispetto della legge.

Secondo l’annuale indagine FAPAV, i danni economici all’industria culturale e creativa solo in Italia nel 2016 sono stati pari a 1,2miliardi di euro, per 6.500 posti di lavoro persi. Questa riforma contribuirà di fatto a un’equa retribuzione di autori e artisti?

Ecco, appunto, questi i temi di cui dobbiamo credo parlare: posti di lavoro, investimento sui nostri giovani, i nostri talenti. Spero, credendo profondamente nel diritto d’autore e nel ruolo sociale da esso svolto (motore del progresso culturale, generatore di investimenti in arte e cultura e posti di lavoro), che la normativa aiuti i tanti che ancora credono nella cultura.

Chi favorisce e chi sfavorisce secondo lei la normativa in fieri?

Credo favorisca il diritto d’autore e quanto esso significhi per noi: progresso culturale, investimenti nella produzione di creatività, creazione di posti di lavoro tra i nostri giovani. Non credo favorirà quei business models che ‘estraggono’ valore, invece di crearne di nuovo.

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