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La quarantena ci ha trasformati in cuochi, pasticceri, pizzaioli e fornai?

Il "Diario della quarantena" a cura di Carla Falconi tratto dal suo profilo Facebook

Cinquantesimo giorno di quarantena.

Caro diario, a quest’ora della sera il Virus diventa invisibile. Sono le sei passate e non si vede il tramonto ma nell’aria c’è un sentimento di tregua, un sollievo dovuto alla primavera che già inizia a consumarsi. Guardo fuori dalla finestra aperta per via della nuova stagione e ascolto gli inquilini del secondo piano parlare da un balcone all’altro.

Una signora anziana e una coppia un po’ più giovane. Lei annuncia che per cena preparerà spaghetti alle vongole, l’altra donna il polpettone. A questo punto interviene il marito di lei, che vorrebbe modificare il programma, preferendo il polpettone per il pranzo di domani e non so cosa per la cena di questa sera. A tratti le loro voci si confondono con il brusio che viene dai giardini e dalla strada e il signore spiega alcuni dettagli che lui segue nella preparazione del suddetto polpettone.

La quarantena, almeno per quelli che potevano fare la spesa senza problemi, ha trasformato gli italiani in cuochi, pasticceri, pizzaioli e persino fornai. E’ probabile che un ventennio di programmi di cucina, diciannove edizioni della “Prova del cuoco”, otto o nove edizioni di “MasterChef”, e poi “Cucine da incubo”, “4 ristoranti”, “Fatto in casa”, abbiano inciso molto nelle menti e nell’assetto psichico dei miei vicini di casa.

Prima di affidarsi alla scienza, e a una casta di virologi (alcuni dei quali sono stati dei ferventi negazionisti del Virus, prima di diventarne gli strenui avversari), gli italiani come loro, si erano affidati all’arte culinaria e agli chef.

A causa della crisi economica hanno iniziato a temere di perdere tutte le loro certezze primarie, incluso quelle alimentari, ben prima dell’avvento del Virus ed è forse per questo che hanno preso a pensare ossessivamente al cibo, quasi come nel dopoguerra, ed esattamente come fanno adesso, per noia e per necessità.

A questo punto una persona di una certa cultura potrebbe citare Soren Kierkegaard (ovvero Severino Cimitero, il filosofo danese) che disse “quando la nave finì in mano al cuoco di bordo, sulla tolda (della nave) non si sentivano più gli ordini della rotta ma solo il menù del giorno”.

Forse le cose sono andate proprio così anche in Italia e quindi, almeno in questo, il Virus non ci ha colti impreparati.

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