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La prevalenza dello sfigato

Cold case, femminicidi e noir ci mostrano sfigati più che eroi del male. Ma anche le guerre appaiono grandi scontri di debolezza e non di forza. Il corsivo di Battista Falconi

Non so a voi, ma a me gli autori delle violenze più efferate che improvvisamente saltano fuori dalle cronache danno l’idea dei pericolosi sfigati, più che quella dei lugubri eroi del male. Per esempio il 19enne che ha assassinato la piccola Martina di Afragola: fidanzato con una quasi bambina di cinque anni più piccola, in modo talmente morboso da ucciderla per un abbraccio negato. Come dovremmo definirlo, se non sfigato? E se si guardano il soma e le storie degli altri femminicidi, spesso si scoprono storie di un disperato bisogno di affetto che dia sostegno comunque sia alla propria solitudine: gli adulti dovrebbero imparare a riconoscere questi segni, più dei sintomi della cattiveria assoluta, per tornare alla retorica causalista che circonda i cold case più noir.

L’impressione resta la medesima anche osservando il prof autore dell’infame augurio di morte alla figlia di Giorgia Meloni. E reo confesso, stavolta, quasi ansioso di spiattellare le proprie colpe in un coming out drammaticamente ridicolo, celebrato in favore di telecamera nel garage di casa, con il cane che passeggiava. “L’ho fatto fare all’intelligenza artificiale”, ha ritenuto di precisare, pensando evidentemente di scaricare parte dell’ignominia sull’algoritmo. Come a dire che la sua stupidità naturale non gli bastava. Con sprezzo del ridicolo ha aggiunto: “Mi vogliono tutti bene, ho i miei valori”, che nello specifico sono l’animalismo e il volontariato. Ora che si è esposto al ludibrio, pubblico e stavolta trasversale, ci manca solo che il ministro Valditara e i burocrati del MIM riescano a licenziarlo, così avremo trasformato un imbecille in una vittima.

Il grigio, il giallo, il nero e il rosso del sangue piacciono a tutti ma basta guardare appena in controluce per leggere una storia di sfiga, di emarginazione, di solitudine dietro ai casi che tanto ci appassionano. Garlasco inclusa, dove man mano che le indagini proseguono si intuisce sotto i riflettori una combine di depressione provinciale e ipocrisia relazionale tali che Ammaniti padre potrebbe scriverci un saggio e il figlio un romanzo. D’altronde si tratta di un’ovvietà sociologica: da sempre le tentazioni estreme come terrorismo, radicalismo e integralismo, nello sport come in politica e nelle religioni, mietono vittime soprattutto tra chi non riesce a costruirsi in proprio una vita soddisfacente o almeno equilibrata.

Per non parlare delle droghe, simbolo e sintomo per eccellenza delle debolezze individuali, generazionali e sociali, protagoniste quasi scontate di incidenti assassini: dalla donna uccisa in spiaggia dalla ruspa guidata da un recidivo dell’omicidio stradale assuntore di cocaina, all’auto che ha ammazzato un uomo cercando di sfuggire alla polizia perché portava a spasso un po’ di polvere bianca. Due casi con stranieri nella parte dei carnefici cui contrapponiamo, per par condicio, l’asiatico benzinaio di Ardea ammazzato in un balordo tentativo di rapina da un italianissimodiciottenne, che nella galleria dei killer sfigati ci rientra appieno.

Troviamo una situazione analoga anche allargando lo sguardo ai conflitti che contendono ai cold case prime pagine e prime time. Nel senso che anche la guerra mondiale a pezzi appare una manifestazione estrema di debolezza. Che si guardi allo scontro tra Russia e Ucraina come a quello tra Hamas e Israele, la conclusione ovvia è che a vincere una guerra non bastanonemmeno l’invasione più proterva, la resistenza più sostenuta, il terrorismo più organizzato e la reazione bellica più spietata (abbiamo così rispettivamente indicato la natura essenziale dei quattro contendenti). Solo per citare gli ultimi due episodi di questa never ending story: almeno 54 persone uccise negli attacchi israeliani nella Striscia di Gaza tra cui 35 palestinesi mentreaspettavano il cibo vicino a due centri di distribuzione di aiuti; la Russia ha subito da Kiev un attacco devastante contro alcuni aeroporti militari, velivoli e sistemi strategici. Segni di forza o non, invece, di estrema debolezza, incapace di superare lo stallo?

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