Nella comunicazione politica e istituzionale di Giorgia Meloni il paraverbale ha sempre avuto un’importanza rilevante. Il giorno in cui si è presentata alle Camere prima di un Consiglio Europeo, per un’esposizione che però si è allargata a diversi temi oggetto di polemica politica, gli osservatori hanno notato molto più i toni aggressivi che non i contenuti.
Quando alla conferenza stampa di presentazione della manovra ha avuto il primo scontro con la stampa, quello dal quale è discesa poi la scelta di ridurre al minimo le conferenze e gli incontri con i media confermata anche dopo l’incontro con Joe Biden di ieri, a fare da casus belli non è stato tanto il contenuto fuori luogo di una domanda sui rapporti con la Francia, all’epoca molto tesi ma anche oggi non del tutto risolti (lo si è visto dal mancato invito a Macron a partecipare alla conferenza su migrazione e sviluppo che si è svolta alla Farnesina), quanto la modalità della domanda stessa. Un giornalista in quell’occasione usò un’espressione effettivamente infelice, chiedendo al presidente del Consiglio se avesse “imparato” da quella crisi diplomatica. A quel punto Meloni è saltata su come una furia, colta da un’ira in parte giustificata, l’atteggiamento di alcuni rappresentanti dei giornali è effettivamente poco rispettoso, ma soprattutto dovuta all’incapacità di controllare i propri sentimenti più viscerali anche nelle occasioni formali. O forse, meglio dire, della sua capacità di non perdere mai il contatto con quei sentimenti.
L’umanità di Meloni è sicuramente molto forte. La sua storia personale, privata e di formazione è nota. Anzi, è stata rivendicata nella sua autobiografia “Io sono Giorgia” e tutti abbiamo la possibilità, quando è felice o arrabbiata, di capire o almeno immaginare alcune pulsioni, i motivi che la animano. In quest’umanità rientrano la sua mimica facciale molto forte, l’oratoria, la prossemica: basta un occhio per capire di che umore sia. Con Biden, per esempio, una passeggiata mano nella mano di pochissimi secondi è servita ai suoi ammiratori per affermare che il capo del governo italiano è stimato da quello statunitense e ai suoi avversari per rovesciare tale considerazione, accusandola di essere prona ai diktat yankee.
Ieri la cosa si è ripetuta in modo più soft e la foto che campeggia su tutti i siti e giornali mostra un contatto delle mani più discreto, che intende significare la prosecuzione di quel rapporto idilliaco creatosi nelle precedenti occasioni.
Anche se guardiamo altre immagini l’eloquenza paraverbale meloniana è prorompente. Per esempio quella che la ritrae controluce con il premier inglese Suniak: i due sembrano un po’ una coppia di innamorati, in senso ovviamente politico, due persone che si piacciono e che proprio su questo apprezzamento anche personale costruiscono la loro intesa politica. Così come alcune foto di un G20 a Bali, dove invece emergevano da alcune sue espressioni e posture le criticità e le incomprensioni con Macron. Foto che diedero molto agio ai detrattori per dire che il nostro premier è isolato tra i grandi del mondo.
Poi ci sono altri aspetti, come l’accento romano contenuto a fatica, che a volte esplode denotando un’origine popolare che, di nuovo, può essere vista come un limite o al contrario come un atout.
La foto con Biden di ieri iconizza perfettamente la frase-slogan che Meloni ha usato per descrivere l’incontro, “i nostri paesi mai così vicini”. Ma in realtà dovremmo dire il contrario, cioè che quell’espressione è la didascalia dell’immagine. Come suol dirsi “a picture is worth a thousand words”.
Si gioca su fotografie e retorica un tema che conta molto per la credibilità politica anche interna di Meloni. Non solo e non tanto rispetto ai suoi avversari, sempre lì pronti a spiare il minimo segnale di possibile o ipotetico screditamento da parte degli altri leader europei e mondiali, ma soprattutto rispetto ai suoi amici e alleati. La cosiddetta destra identitaria motiva gran parte delle proprie critiche proprio sul dichiarato atlantismo dell’attuale governo, considerandolo un tradimento delle posizioni che Fratelli d’Italia aveva assunto in campagna elettorale.
La lunga campagna elettorale condotta sotto e contro i precedenti governi che ha consentito al partito di accumulare, lentamente ma solidamente, il consenso con il quale poi ha trascinato il centrodestra alla guida del Paese. No: della Nazione.