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Shujun Wang

La guerra sul Coronavirus tra Cina e Usa

Che cosa succede sul Coronavirus tra Cina e Usa? L'approfondimento di Francesca Ghirietti e Lorenzo Mariani per Affari Internazionali

Non sappiamo per quanto ancora dovremo fare i conti con l’epidemia di coronavirus, tuttavia ad oggi sembra plausibile affermare che il Covid-19 ci accompagnerà per gran parte del 2020. Viste le poche informazioni in nostro possesso sul nuovo coronavirus, la comunità scientifica è cauta nel fare previsioni sulla durata e la portata dell’epidemia.

Nonostante ad oggi siano più di cento i paesi ad aver registrato casi di contagio, per il momento, i riflettori sono per lo più ancora puntati sulla Cina, che da centro dell’epidemia si è trasformata in primo caso di successo, per lo meno iniziale, nella lotta contro il virus e portatrice di messaggi di sostegno per gli altri paesi colpiti. Proprio in segno di vittoria contro l’epidemia e con l’obiettivo di ravvivare gli animi dei cittadini cinesi, ieri Xi Jinping ha visitato Wuhan, presunto luogo di origine del Covid-19. Nel frattempo, ci si continua chiedere quale sarà l’impatto che il virus e le conseguenti misure straordinarie adottate per affrontarlo avranno sulla Cina.

LE RICADUTE ECONOMICHE E SOCIALI

Come già menzionato in numerose altre analisi, a preoccupare gli osservatori internazionali è soprattutto l’impatto economico dell’epidemia. Indebolita dalla guerra dei dazi con gli Stati Uniti e da una crescita economica in moderato ma costante declino, l’economia cinese ha già iniziato a risentire degli effetti delle misure di quarantena imposte dal governo a cittadini e aziende. Se già a fine 2019 la previsione di crescita del 6% per il 2020 sembrava eccessiva, adesso appare impossibile. Per quanto riguarda il primo quadrimestre, anche le stime più ottimiste non prevedono una crescita superiore al 4%.

Data l’importanza della produzione cinese nelle catene di valore globali, l’intera economia risente, e in misura proporzionale continuerà a risentire, della chiusura degli stabilimenti e del rallentamento dell’economia domestica. L’apparente miglioramento della situazione sanitaria in Cina ha ora spinto Pechino ad allentare le misure di quarantena e riaprire alcuni impianti con lo scopo di far ripartire l’economia. Nonostante l’esortazione del governo a ritornare ai propri posti di lavoro, molti lavoratori cinesi rimangono reticenti all’idea di riprendere la normale routine lavorativa, nonché la vita pubblica. A questo si aggiunge il fatto che alcune zone di produzione fondamentali, come la provincia dello Hubei, rimangono tuttora in lockdown.

Importanti saranno anche le ricadute dell’epidemia sulla società cinese. A destare maggiore preoccupazione è cosa deciderà di fare Pechino delle misure di controllo introdotte nel pieno dell’emergenza. Nel corso degli ultimi mesi infatti, il governo centrale ha trovato nelle nuove soluzioni tecnologiche sviluppate dalle principali aziende del paese un valido alleato nella lotta contro il virus: dalle telecamere che, oltre a rilevare la temperatura corporea, permettono di effettuare il riconoscimento facciale anche nel caso in cui si indossino mascherine protettive, fino alle applicazioni che permettono di monitorare se si è entrati in contatto con cittadini infetti. Agli occhi di diversi osservatori internazionali la raccolta estensiva di dati che oggi ha aiutato la Cina a contenere l’epidemia, potrebbe domani essere utilizzata per limitare ulteriormente la privacy dei cittadini cinesi.

PREZZO POLITICO, MEDIA E RUOLO INTERNAZIONALE

A livello politico, è assai improbabile che il governo centrale possa risentire di ripercussioni drastiche, nonostante le molte speculazioni delle settimane scorse su una possibile crisi di stabilità del Partito Comunista Cinese e della Presidenza Xi Jinping a causa del Covid-19. Infatti, sebbene sia vero che in molti, soprattutto nelle aree maggiormente colpite, abbiano criticato l’operato del governo e la scarsa trasparenza delle informazioni provenienti dalle aree in quarantena, a giudicare dalla risposta online degli utenti cinesi, la gran parte aderisce genuinamente alla linea presentata dai media di stato. Se è pur sempre vero che in Cina l’opacità e la distorsione delle notizie non sono certo una novità, bisogna anche notare che la maggior parte dei cittadini che non sono stati direttamente interessati dalla crisi sanitaria non ha sviluppato un senso di insoddisfazione nei confronti del partito tale da portare a rivendicazioni politiche di suddetta portata.

Il contenimento delle critiche in ambito domestico è stato ovviamente facilitato dalla macchina comunicativa del Partito, messa in moto a pieno regime già nei primi giorni della crisi sanitaria e che ora sta aiutando il governo a recuperare consenso interno e supporto internazionale. Buona parte delle energie iniziali sono state spese innanzitutto per evitare che eventuali colpe e negligenze potessero ricadere sul governo centrale. A pagare, come molto spesso succede in Cina, è stato dunque il governo locale della provincia dello Hubei, colpevole di non aver saputo contenere e gestire il contagio. In una seconda fase, la comunicazione degli organi di stampa cinesi ha concentrato i propri sforzi nel promuovere una campagna di coesione nazionale sotto la leadership del Partito, culminata ieri nella visita di Xi Jinping a Wuhan, dove il Presidente ha incontrato la popolazione e, seppur via collegamento remoto, anche i malati.

Nel corso degli ultimi giorni infine, l’attenzione principale dei media cinesi si è orientata sul resto del mondo e, in particolar modo, sugli Stati Uniti, accusati di aver scelto di adottare un atteggiamento definito “egoistico” durante un momento di crisi globale. Proponendosi ancora una volta in antitesi alle politiche di chiusura statunitensi, la Cina cerca in questo modo di recuperare il terreno perso nel corso degli ultimi mesi. Un colpo di reni per tentare di rilanciare la propria immagine di nazione responsabile, pronta a collaborare in sede multilaterale per il bene della comunità internazionale e a inviare supporto ai propri partner in caso di necessità. In questo caso emblematico è il presunto trattamento preferenziale riservato all’Italia nell’acquisto di forniture mediche dalla Cina per combattere l’epidemia, spesso descritto come il risultato della relazione speciale di amicizia che è venuta a crearsi tra i due paesi.

È ancora troppo presto per sapere con certezza quali saranno le conseguenze di questa crisi sanitaria sulla politica interna e sulle ambizioni internazionali della Cina. Quello che sembra chiaro è che Xi pare aver resistito ad uno dei test più impegnativi da quando ha preso in mano le redini del paese nel 2012. Inoltre, emerge chiaramente l’idea che, se nei prossimi mesi Pechino saprà giocare bene le proprie carte, la Cina, e con lei il Partito Comunista Cinese, potrebbe persino uscire da questa crisi più forte di prima.

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