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Giorgetti

La guerra di carta su Draghi al Quirinale

Che cosa dicono e non dicono i giornali sulla corsa di Draghi verso il Quirinale

Mario Draghi continua ad aleggiare come un fantasma – immagino con quale perfido compiacimento dell’interessato, silenzioso nella sua postazione di presidente del Consiglio – sulla corsa al Quirinale, per quanti sforzi abbiano fatto nelle ultime 48 ore nel centrodestra prima Silvio Berlusconi e poi Matteo Salvini, tra gli applausi del Giornale di famiglia del Cavaliere, di esorcizzarne la candidatura. “Troppo pericoloso sostituirlo a Palazzo Chigi”, ha detto il segretario della Lega dopo una telefonata a Berlusconi, e in difformità da Giorgia Meloni. Che stando all’opposizione non potrebbe certo condividere una valutazione così generosa del presidente del Consiglio, pur essendo disposta con i suoi fratelli d’Italia a sostenerne la corsa al Colle.

Non c’è incontro in cui il segretario del Pd Enrico Letta non si lasci scappare un accenno o una domanda a favore di Draghi al Quirinale o, in alternativa, come “massimo” desiderabile, di una conferma di Sergio Mattarella. I cui segnali di indisponibilità debbono essere apparsi anche a lui “un affollato catalogo di congedi che più sono definitivi e più suonano provvisori”, come ha appena scritto su Repubblica Francesco Merlo. Che seguendo col pensiero il presidente uscente in questi giorni nella sua Palermo lo ha descritto “malinconico e vincente, come l’Humphrey Bogart di Casablanca”.

Immaginazione per immaginazione, ne hanno avuta tantissima al Foglio dedicando a Draghi la vignetta-copertina del numero di lunedì per rilanciarne la candidatura boicottata da quello che pure era stato e per certi versi rimane ancora per Giuliano Ferrara e amici “l’amor nostro”. Che quel villano irredimibile di Marco Travaglio nella “cattiveria” quotidiana del suo giornale ha sospettato sia stato portato all’ospedale milanese San Raffaele, per i soliti ricoveri da controllo, facendogli credere di andare al Quirinale, nonostante la rinuncia.

Una mano al Foglio e ad Enrico Letta – ma anche al nipote berlusconiano Gianni, stando ad un retroscena raccontato su Repubblica da Emanuele Lauria – l’ha data a favore della perdurante candidatura di Draghi al Colle il quotidiano di Carlo De Benedetti Domani. Il cui direttore in persona, Stefano Feltri, si è dilungato a raccontare e a spiegare “perché Draghi è il più adatto a prendere il posto di Sergio Mattarella se si guarda all’interesse degli italiani”. “Sa mediare – ha precisato – fra le forze politiche, ha prestigio internazionale e conosce a fondo la macchina dello Stato”, forse anche più di quanto non fosse stato attribuito ai suoi tempi a Giulio Andreotti. Che una volta, parlandomi della sua esperienza di governo, mi raccontò di ricordare a memoria i nomi di almeno i direttori generali e capi di Gabinetto di tutti i Ministeri, non solo di quelli che aveva avuto occasione di guidare prima di diventare presidente del Consiglio. E a ciascuno di loro, come a tanti delle centinaia di migliaia di elettori che gli avevano dato il voto di preferenza prima che la nomina a senatore a vita lo esonerasse dalle elezioni”, egli mandava puntualmente gli auguri almeno di compleanno, se non pure onomastici.

Chissà, se fosse ancora in vita, per chi voterebbe Andreotti in questo turno – “muro contro muro” o al buio, come hanno titolato i giornali – di elezioni presidenziali che comincia oggi: il terzo dopo la sua morte, nel mese di maggio del 2013. Presumo proprio per Draghi, che non era certamente sfuggito alla sua meticolosa attenzione prima di ministro e poi di presidente del Consiglio.

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