L’unità e l’entusiasmo, i toni più istituzionali usati per la vittoria di Genova si infrangono presto sulla gazzarra messa su dalle opposizioni su Gaza in parlamento. Una pioggia di attacchi pesanti e insulti al governo, al ministro degli Esteri e vicepremier, Antonio Tajani, all’altro vicepremier, Matteo Salvini, che sta a misurare tutta la distanza che ancora c’è tra un successo pur importante alle Amministrative e la capacità di questa sinistra e dei Cinque Stelle di essere un vero fronte alternativo di governo.
Un centrosinistra che, dopo aver esultato alle Amministrative, sulla politica estera torna subito a dividersi. Matteo Renzi e Carlo Calenda non ci saranno il 7 giugno in piazza per Gaza con Avs di Fratoianni e Bonelli, Elly Schlein e Giuseppe Conte, peraltro di nuovo in lizza tra loro per la premiership del campo largo dopo che il leader pentastellato ha raffreddato gli entusiasmi della segretaria del Pd dicendo che servono progetti non “sommatorie aritmetiche” per vincere alle Politiche. Renzi e Calenda che forse faranno una manifestazione insieme avevano chiesto l’impegno per il 7 giugno a fare sbarramento contro rischi di antisemitismo alla manifestazione e a tenere presente la difesa di Israele che “non è quella di Netanyahu”, e quindi avevano invitato a rivedere la piattaforma. “Non voglio ritrovarmi con le bandiere di Hamas”, ha denunciato Calenda, facendo presente di voler includere anche quella “Sinistra per Israele”, rappresentata dall’ex deputato dem, Emanuele Fiano.
Ma il cosiddetto campo largo del Pd di Schlein, della sinistra ancora più radicale di Fratoianni e Bonelli con i Cinque Stelle sembra soprattutto interessato all’attacco frontale che intende sferrare al governo Meloni con una prova di piazza, per giunta contestuale alla chiusura della campagna elettorale dei referendum sul jobs act e sulla cittadinanza a rischio quorum. E la manifestazione pro Gaza potrebbe favorire anche la mobilitazione nelle urne.
Quanto al merito della tragedia della Striscia e del massacro del 7 ottobre di Hamas contro Israele, alla Camera sinistra e Cinque Stelle sembrano ancora una volta inscenare una gazzarra come a prescindere. Che non tiene conto delle parole di Tajani, attaccato anche solo per aver sorriso. “Quando mi insultano, sono abituato a sorridere”, ha detto il vicepremier.
“Complicità”, “silenzio, parole timide, imbarazzate e imbarazzanti “, addirittura l’accusa all’altro vicepremier, Salvini, di aver “stretto mani sporche di sangue” per i suoi stretti rapporti con il governo israeliano. Eppure Tajani nell’informativa non aveva affatto fatto sconti a Netanyahu. A inizio seduta un minuto di silenzio è stato chiesto dal ministro degli Esteri “per le vittime israeliane e palestinesi” ed è stato osservato da entrambi gli schieramenti. Ma l’unità in aula è finita qui. Tajani ha ribadito una posizione decisa: “La legittima reazione del governo israeliano a un terribile e insensato atto terroristico sta purtroppo assumendo forme assolutamente drammatiche e inaccettabili”. Tajani è tornato, quindi, a chiedere che Israele ponga fine ai bombardamenti e ha sottolineato: “L’espulsione dei palestinesi da Gaza non è e non sarà mai un’opzione accettabile”.
Il vicepremier si è rivolto duramente alle opposizioni: “Chi dice che il Governo sta ignorando la crisi di Gaza, offende la verità”. Si scatena la bagarre. Ma il risultato è che le opposizioni dopo Genova tornano subito a dividersi e a tornare solo “sinistra, sinistra”, con il piccolo centro di Renzi e Calenda che non ci sta a correre il rischio di mescolarsi in piazza con le bandiere di Hamas. Come purtroppo troppe volte è già accaduto. Oggettive ambiguità che lasciano un’ombra sulla credibilità di un fronte alternativo di governo.