Mentre Giorgia Meloni lavorava a Londra per l’Italia, incontrando il premier inglese e definendo intese e iniziative congiunte su difesa, migranti, ambiente, energia ed economia, almeno 25 deputati della sua maggioranza preferivano ai lavori della Camera il ponte vacanziero del primo maggio, non essendo bastato quello del 25 aprile. E provocavano la clamorosa bocciatura della risoluzione sul Documento di economia e finanza.
Le opposizioni non credevano ai loro occhi guardando il tabellone elettronico ed hanno esitato ad applaudire il loro involontario successo. Per un po’, sempre in ritardo, hanno anche accarezzato l’idea, reclamandola, della “salita al Colle” della presidente del Consiglio per dimettersi e provocare una crisi alla quale peraltro esse non sono in grado di proporre una soluzione alternativa alla conferma o alla prosecuzione del governo. Cosa di cui è perfettamente consapevole il presidente della Repubblica, che si è subito reso disponibile in frenetiche e riservatissime consultazioni telefoniche ad una rapida rimodulazione del documento bocciato, da fare approvare dal Parlamento a tamburo battente, in una corsa contro il tempo, consentendo al Consiglio dei Ministri di riunirsi il primo maggio per il varo di misure destinate a favorire il lavoro che viene festeggiato quel giorno.
Da Londra la presidente del Consiglio, pur non nascondendo la sua irritazione ai collaboratori, che l’hanno sentita gridare “vergogna”, ha parlato di un “brutto scivolone” , “figuraccia” ed altro, ma non di “un segnale politico” di chissà quali divisioni o manovre nella coalizione di governo.“Una sciatteria”, diceva a Roma il ministro leghista dell’Economia Gìancarlo Giorgetti imprecando pure lui contro gli assenti, specie i suoi colleghi di partito, che “non sanno o non si rendono conto” delle loro responsabilità. E ciò peraltro in un momento in cui l’Italia è tornata nel mirino di certe agenzie e di certi ambienti dove la speculazione finanziaria si pratica quasi per professione.
Si potrebbe ripetere col compianto Ennio Flaiano che “la situazione politica è molto grave ma pur tuttavia non seria”. E persino chiedere che cosa avrà mai potuto capire la gente semplice vedendo in televisione il tabellone della Camera dove risulta respinto un documento contro il quale hanno votato soltanto in 19 e 195 invece a favore, mentre 105 si sono astenuti. Vai poi a spiegare agli ignari che per quel documento occorrevano almeno 201 voti, equivalenti alla maggioranza assoluta dell’assemblea composta di 400 deputati. Dei quali erano presenti solo in 319, essendo gli altri 81, fra maggioranza ed opposizioni, festosamente sul ponte del primo maggio, come dicevo.
Visto che non siamo su “Scherzi a parte”, sarebbe forse il caso che la Meloni, oltre ad arrabbiarsi e cercare di correre subito ai ripari, chiedesse a qualcuno di mettersi da parte e passare la mano ad altri più attenti, quanto meno, ad organizzare le sue truppe parlamentari: per esempio, i capigruppo.