Escluso dalle celebrazioni dello sbarco degli alleati in Normandia di 80 anni fa, Putin si è consolato giustamente, dal suo punto di vista, con le divisioni che è riuscito a creare in Occidente, e più in particolare in Europa sulla guerra in Ucraina. Che doveva concludersi in una quindicina di giorni, nei piani della cosiddetta “operazione speciale” annunciata a Mosca, ma che sta durando da più di due anni grazie agli aiuti occidentali, appunto, arrivati al paese aggredito.
Nelle divisioni che il prolungamento della guerra ha creato l’Italia si è guadagnata l’attenzione compiaciuta di Putin. E non a torto, debbo riconoscere, essendosi il governo schierato come l’opposizione di sinistra contro la possibilità, ventilata dal segretario generale della Nato, il norvegese Jens Stoltenberg, e via via diffusasi fra le cancellerie occidentali, di autorizzare gli ucraini a usare le armi ad essi fornite per colpire anche il territorio russo da cui partono i missili contro obiettivi civili e non solo militari del paese aggredito.
Non più tardi di ieri sera, ospite del salotto televisivo di Lilli Gruber, su La 7, nell’ennesima riedizione di un programma che potrebbe anche essere chiamato tutti contro uno quando l’ospite è un esponente del governo; non più tardi di ieri sera, dicevo, il vice presidente leghista del Consiglio Matteo Salvini ha annunciato che il suo partito smetterà di votare per altre forniture militari all’Ucraina se non otterrà l’assicurazione ancora più esplicita di quella già avuta che nessun missile, nessun “proiettile” italiano sarà destinato contro il territorio della Russia. Con la quale l’altro vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, il forzista Antonio Tajani, va ripetendo da sempre che l’Italia “non è in guerra”, pur non avendo condiviso l’attacco all’Ucraina, almeno per come è andato sviluppandosi dai piani originari. Che erano stati prospettati da Putin all’allora vivo Silvio Berlusconi come una mezza scampagnata a Kiev per rimuovere il presidente Zelensky e sostituirlo con un altro “signore perbene” disposto a sottomettersi al Cremlino.
“In Italia – si è accorto Putin in una intervista all’Ansa – non monta una russofobia da cavernicoli e lo teniamo in conto. Speriamo che alla fine andremo d’accordo con l’Italia. Sarà possibile ripristinare le relazioni, forse anche più velocemente che con qualsiasi altro paese europeo”. Magari, gli verrà presto la voglia di restituire alla famiglia Merloni, da non confondere con Meloni, la fabbrica e tutto il resto dell’Ariston da poco requisita di fatto in Russia.
In fondo – perché non dimenticarlo? – gli italiani riuscirono a guadagnarsi in Russia la definizione di “brava gente” anche dopo avere partecipato all’invasione nazista. E nonostante Palmiro Togliatti ancora a Mosca, respingendo le sollecitazioni umanitarie che gli venivano dai compagni, scriveva che i prigionieri italiani in Russia meritavano il duro trattamento che ricevevano, morendo di stenti.