La recente intesa per il cessate il fuoco tra Israele e Hamas ha riportato l’attenzione sulla delicata questione della restituzione dei corpi degli ostaggi deceduti, un punto cruciale dell’accordo che rischia di compromettere la fragile tregua.
Hamas sostiene di aver consegnato tutti i corpi che è stato in grado di recuperare, ma le difficoltà logistiche e le accuse di inadempienza da parte di Israele stanno alimentando tensioni.
L’importanza dei corpi degli ostaggi
L’accordo di cessate il fuoco prevedeva che Hamas restituisse tutti i 48 ostaggi, vivi e deceduti, entro il 13 ottobre.
Come riporta The New York Times, l’intesa include la liberazione di 20 ostaggi vivi, già avvenuta lunedì, e la restituzione dei corpi di 28 ostaggi deceduti. Tuttavia, solo nove corpi sono stati consegnati finora, di cui uno identificato come non appartenente a un ostaggio, secondo quanto scrive CNN.
La restituzione dei corpi è un pilastro fondamentale per Israele, come sottolinea Axios, che cita il primo ministro Benjamin Netanyahu, il quale aveva minacciato di ridurre i camion di aiuti a Gaza se Hamas non avesse rispettato gli impegni.
Le famiglie degli ostaggi, come quella di Itay Chen, un cittadino israelo-americano ucciso il 7 ottobre 2023, vivono in un limbo doloroso, descritto come “un lutto sospeso” in un editoriale della madre pubblicato martedì e citato da Axios.
La restituzione dei corpi rappresenta non solo una questione umanitaria, ma anche un simbolo della determinazione israeliana a non lasciare indietro nessuno, come dichiarato da un consigliere senior statunitense con parole riportate da CBS News: “Nessuno verrà lasciato indietro”
Le difficoltà nel recupero dei corpi
Hamas, attraverso il suo braccio armato, le Brigate Ezzedine Al-Qassam, ha dichiarato di aver consegnato tutti i corpi che è stato in grado di recuperare senza attrezzature speciali.
Come riportato da The Guardian, il gruppo ha affermato che “i corpi rimanenti richiedono grandi sforzi e attrezzature specializzate per essere ritrovati ed estratti”.
La distruzione causata da due anni di bombardamenti israeliani ha ridotto Gaza a un cumulo di macerie, rendendo arduo il recupero dei corpi, alcuni dei quali potrebbero essere sepolti sotto detriti o nascosti in tunnel sotterranei, come sottolinea Times of Israel.
Un consigliere statunitense ha paragonato la situazione al disastro delle Torri Gemelle, sottolineando – con parole riportate dal Times of Israel – che “la quantità di detriti a Gaza supera di gran lunga quella del World Trade Center”.
Hamas ha consegnato quattro corpi lunedì, identificati come Guy Iluz, Bipin Joshi, Yossi Sharabi e Daniel Peretz, e altri quattro martedì, di cui tre riconosciuti come Tamir Nimrodi, Uriel Baruch ed Eitan Levi, mentre il quarto era un palestinese, secondo CNN.
Mercoledì sono stati trasferiti altri due corpi, ancora in attesa di identificazione. Tuttavia, rimangono 19 corpi non ancora restituiti, alimentando le tensioni.
Le accuse di Israele e le minacce di ripresa del conflitto
Israele considera la mancata restituzione di tutti i corpi una violazione dell’accordo. Come scrive Axios, il ministro degli Affari Strategici Ron Dermer ha accusato Hamas di “rallentare deliberatamente” il processo di restituzione, sostenendo che il gruppo abbia accesso a più corpi di quanto dichiari.
Due funzionari israeliani hanno fornito agli Stati Uniti nuove informazioni di intelligence che indicherebbero la localizzazione di 15-20 corpi.
Il ministro della Difesa Israel Katz ha minacciato di riprendere i combattimenti se Hamas non rispetterà l’accordo, ordinando all’esercito di preparare un piano per “sconfiggere totalmente” il gruppo, come riportato da Sky News.
Netanyahu ha inizialmente considerato misure punitive, come la riduzione degli aiuti umanitari e la chiusura del valico di Rafah, ma ha desistito dopo la consegna di alcuni corpi martedì.
Tuttavia, la pressione interna è forte: ministri ultranazionalisti come Itamar Ben-Gvir hanno definito la consegna di aiuti a Gaza una “vergogna” e accusato Hamas di mentire, come riferisce The Guardian.
Le famiglie degli ostaggi, come quella di Tamir Adar, si sentono “tradite” dalla retorica politica che celebra il cessate il fuoco come un successo, ignorando i corpi ancora non restituiti.
La posizione degli Usa e le iniziative di mediazione
Gli Stati Uniti, principali mediatori dell’accordo, hanno adottato un approccio più cauto. Come riporta CBS News, consiglieri senior di Trump hanno dichiarato che Hamas non ha ancora violato l’accordo, poiché la restituzione dei corpi è complicata dalla devastazione di Gaza.
Un consigliere ha sottolineato che “sarebbe stato quasi impossibile per Hamas recuperare tutti i 28 corpi, anche conoscendone la posizione”, riferisce ancora CBS News.
Trump stesso ha descritto il processo come “macabro”, con corpi sepolti sotto macerie o in tunnel, ma ha avvertito che il conflitto potrebbe riprendere se Hamas non disarmasse o non rispettasse gli impegni, come scrive Sky News.
Per facilitare il recupero, gli Stati Uniti stanno condividendo intelligence israeliana con Hamas e hanno proposto un programma di ricompense per i palestinesi che forniscano informazioni sulla posizione dei corpi, riporta The Guardian.
Inoltre, secondo CBS News la Turchia si è offerta di inviare esperti di recupero, grazie alla sua esperienza con i terremoti. Stando a quanto scrive il Nyt, una task force multinazionale, prevista dall’accordo, collaborerà per localizzare i corpi rimanenti.
Le implicazioni per il cessate il fuoco
La disputa sui corpi degli ostaggi rischia di far deragliare il cessate il fuoco, già fragile per altre questioni irrisolte, come il disarmo di Hamas e la governance di Gaza.
Come scrive CBS News, Hamas ha respinto le richieste di disarmo, e la sua presenza armata nelle strade di Gaza è stata segnalata, con scontri contro gruppi rivali.
Netanyahu ha ribadito che il disarmo e la smilitarizzazione di Gaza sono condizioni non negoziabili, mentre Trump ha minacciato un intervento forzato se Hamas non cedesse le armi.
Nel frattempo, la situazione umanitaria a Gaza rimane critica. Come riporta BBC, il ministero della Salute di Gaza ha ricevuto 90 corpi di palestinesi da Israele.
Le agenzie umanitarie, come sottolinea Tom Fletcher dell’ONU, chiedono l’apertura di più valichi per consentire l’ingresso di migliaia di camion di aiuti. Tuttavia, Israele ha limitato gli aiuti a 300 camion al giorno, la metà di quanto concordato, come pressione su Hamas.
Le voci delle famiglie
Le famiglie degli ostaggi, rappresentate dal Forum delle Famiglie degli Ostaggi e dei Dispersi, esprimono frustrazione e dolore.
Come scrive CNN, Ruby Chen, padre di Itay, ha definito “irrispettoso” il gesto del presidente del parlamento israeliano Amir Ohana di rimuovere il distintivo giallo, simbolo della solidarietà con gli ostaggi, durante un evento celebrativo.
Yael Adar, madre di Tamir Adar, ha chiesto perché i corpi dei deceduti siano considerati “meno degni”, secondo quanto riporta CNN.
Le famiglie accusano Netanyahu di usare la questione degli ostaggi per distogliere l’attenzione dai suoi scandali politici.
Sul fronte politico, la coalizione di Netanyahu è divisa. I ministri ultranazionalisti spingono per la ripresa del conflitto, mentre i mediatori internazionali cercano di preservare la tregua.
Come sottolinea Axios, il rischio è che la disputa sui corpi venga sfruttata per sabotare l’accordo.