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Netanyahu

Israele, come ha vinto Netanyahu. Analisi

I risultati delle elezioni in Israele con la vittoria di Netanyahu analizzati da Daniel Reichel per Affari Internazionali

Netanyahu è salito sul palco per dire nuovamente: “È la notte di una vittoria enorme”. I media israeliani, e non, si sono trovati d’accordo nel definirla tale eppure lo spoglio non è ancora finito – siamo al 92% – e la maggioranza non c’è.

I NUMERI DELLE ELEZIONI IN ISRAELE

Secondo i dati più aggiornati, al momento Netanyahu avrebbe 35 seggi mentre il blocco di destra – formato dal Likud, i partiti religiosi Shas e Yahadut HaTorah e i nazional religiosi di Yamina – si attesterebbe a 58 seggi. 32 i seggi al momento assegnati a Blu e Bianco, il fronte opposto a Netanyahu guidato dall’ex capo di Stato maggiore Benny Gantz – e 16 quelli vinti dalla Joint Arab List, che ottiene uno storico terzo posto. Per definire, quindi, “vittoria enorme” quella di Netanyahu c’è ancora tempo.

IL SUCCESSO PERSONALE DI NETANYAHU

Rimane però chiaro il successo personale del premier più longevo d’Israele. Il leader del Likud, dopo la sorpresa di settembre in cui il suo partito si era posizionato dietro a Blu e Bianco ha preparato con cura questa campagna elettorale, la terza in un anno, rivolgendosi in modo mirato ad alcune fasce della popolazione, dagli agricoltori alla comunità etiope.

LA MAPPA DEI VOTI

Ha riportato migliaia di astenuti a votare, come dimostrano i dati di una maggiore affluenza alle urne, ha prosciugato Otzma Yehudit (il partito di estrema destra che rischiava di fargli buttare al vento voti, non entrando alla Knesset), ha riconquistato schede che prima erano andate alla destra laica di Yisrael Beytenu e a Blu e Bianco.

LE ROCCAFORTI

Nelle roccaforti del Likud, gli attivisti sono andati casa per casa, bussando e convincendo le persone ad andare a votare. A Beer Sheva, per esempio, città del Negev (Israele meridionale), il Likud ha ottenuto oltre il 60% delle preferenze contro il 12% di Blu e Bianco. Nel nord, ad Afula e a Tiberiade supera di poco il 50% contro un ben più risicato 17% di Gantz e compagni.

LE PERFIERIE

Sono le periferie del Paese – e Gerusalemme – a riporre la propria fiducia in Netanyahu, a riportarlo in alto. Sono state le aree che paradossalmente avrebbero potuto avere più risentimento nei suoi confronti: Sderot, che vive costantemente sotto i razzi di Hamas e jihad islamica, avrebbe potuto optare per il cambiamento. E invece il Likud ha stravinto anche qui. O meglio, Netanyahu ha stravinto. Perché è lui a catalizzare i voti.

ALLA RICERCA DI UNA MAGGIORANZA

Rispetto agli scenari politici e tenendo conto dei risultati, il primo ministro uscente avrebbe diverse opzioni davanti. Portare nella coalizione uno o due parlamentari dell’opposizione. L’accordo più naturale sarebbe con Lieberman (7 seggi), ma l’ex alleato non vuole sedere con i partiti religiosi e ha posto il veto su un governo a guida Netanyahu.

GLI SCENARI POLITICI

L’alternativa è quindi puntare sui singoli: tra i giornalisti israeliani si specula su un possibile passaggio di Orly Levy-Abekasis, eletta con la lista di sinistra Labor-Gesher-Meretz (7 seggi) ma in origine membro di Yisrael Beytenu. Il padre è stato ministro degli Esteri del Likud e un suo cambio di casacca sembrerebbe un ritorno alle origini: ieri sera il Likud sembra le abbia offerto il ministero della Sanità e l’appoggio del partito per candidare il padre alla presidenza della Repubblica. Appoggio che sempre il Likud avrebbe però promesso anche al laburista Amir Peretz; ma due presidenti non possono esserci.

I CORTEGGIABILI

Ci sono nomi “corteggiabili” dal Likud anche nelle fila di Blu e Bianco, un partito nato sull’idea di battere Bibi Ha Melech (re Bibi, come è soprannominato Netanyahu) ma che per tre volte – seppur andandoci vicino – non è riuscito a farlo. L’ex generale Benny Gantz dovrà usare tutta la sua disciplina per evitare transfughi ora che il suo progetto è messo in dubbio: se i membri più di destra di Blu e Bianco dovessero passare con il Likud, significherebbe la fine del partito e probabilmente dello stesso Gantz come politico di primo piano. Magari non nell’immediato, ma abbiamo già un esempio nel recente passato: è infatti esattamente ciò che è successo a Kadima e a Tzipi Livni. Nel 2009, Livni era alla guida del partito più grande della Knesset (28 seggi). Nel 2019 ha chiuso la sua carriera politica, affossata di fatto dall’abilità politica di Netanyahu.

(estratto di un articolo pubblicato su Affari Internazionali; qui la versione integrale)

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