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Iran Usa Cina

Come sta davvero l’economia dell’Iran

L’analisi di Francesca Manenti del Cesi (Centro studi internazionali), sulla reale situazione economica e finanziaria dell’Iran La Banca Centrale d’Iran continua ad essere presente sulla black list della Financial Action Task Force (FATF), l’organizzazione intergovernativa nata su iniziativa dei Paesi G-7 per contrastare il riciclaggio di denaro e il finanziamento al terrorismo. Il permanere di…

La Banca Centrale d’Iran continua ad essere presente sulla black list della Financial Action Task Force (FATF), l’organizzazione intergovernativa nata su iniziativa dei Paesi G-7 per contrastare il riciclaggio di denaro e il finanziamento al terrorismo. Il permanere di queste limitazioni ha inevitabilmente limitato quell’effetto benefico del sollevamento delle sanzioni auspicato dalle autorità iraniane in sede di firma, soprattutto in termini di maggior accesso a flussi finanziari in moneta forte in ingresso nel Paese.

LE QUESTIONI BANCARIE

Tali limiti, inoltre, si sono sommati alle inefficienze interne al sistema bancario iraniano, il quale solo negli ultimi mesi ha iniziato una fase di riforma che dovrebbe portarlo ad adeguarsi agli standard internazionali e ad eliminare alcune farraginosità, che fino ad ora hanno avuto un impatto negativo sulla capacità di gestione delle transazioni con gli interlocutori stranieri. La congiuntura tra freni esterni e inefficienze interne si è tradotta per la Banca Centrale Iraniana (BCI) in una scarsa disponibilità di capitali in valuta forte e, di conseguenza, in un più ristretto ventaglio di possibilità di intervento sul mercato valutario, al fine di riequilibrare il valore del rial.

I PROBLEMI MONETRARI

Generalmente principale ed autonomo regolatore della politica monetaria nazionale, infatti, la BCI si è trovata a dover bilanciare la necessità di porre un freno alla caduta della moneta con l’impossibilità di procedere a iniezioni rivitalizzanti di capitali, un po’ per limitata disponibilità un po’ per paura dell’effetto inflazionistico che una manovra monetaria espansiva avrebbe prodotto. Il mancato intervento della BCI, tuttavia, si è inserito in un contesto di generale incertezza da parte dei risparmiatori e degli investitori iraniani, i quali da diverso tempo guardavano con grande cautela alle fluttuazioni del rial sul dollaro e per i quali lo spauracchio del deprezzamento della moneta iraniana è sempre stato motivo di grande preoccupazione in termini di sicurezza dei propri capitali. La continua svalutazione della moneta, da un lato, e l’assenza di interventi statali rassicuranti, dall’altro, hanno spinto la popolazione a cercare di cambiare grosse somme di denaro in dollari, nella speranza di salvaguardare il valore del proprio patrimonio.

I MOTIVI DEL CROLLO DEL RIAL

L’aumento improvviso della domanda di moneta forte e la contemporanea indisponibilità della stessa presso le istituzioni finanziarie hanno così contribuito ad alimentare quel circolo vizioso che ha portato al crollo del rial. In questo contesto, la scelta del governo di forzare la mano e procedere in tempi rapidi all’unificazione del cambio appare frutto della volontà di recuperare al più presto le redini di un sistema in bilico e di fare un primo passo, seppur affrettato, verso una maggior efficienza complessiva.

I RIMEDI DECISI DALLE ISTITUZIONI

Per cercare di assicurare l’efficacia della propria scelta, la BCI ha implementato nelle ultime settimane una serie di misure finalizzate ad incrementare la capacità di controllo delle autorità sui movimenti di capitale e a contrastare, di conseguenza, quel mare magnum di attività illecite connesse alla compravendita di valuta forte, che non solo ha alimentato il sistema di corruzione nel corso degli anni ma è stato anche uno dei principali fattori di inefficienza delle finanze nazionali. In primis l’istituzione di un limite massimo di 10.000 dollari per le transazioni o i depositi in valuta straniera, così come il rafforzamento del controllo di anti-riciclaggio su tutti quei conti correnti i cui movimenti complessivi (sia per pagamenti che per accrediti ricevuti) superano i 50 miliardi di rial.

IL NUOVO SISTEMA DI MONITORAGGIO

Inoltre, per cercare di bilanciare domanda e offerta di moneta forte, la CBI ha lanciato un nuovo sistema di monitoraggio telematico degli accordi siglati in valuta straniera, denominato NIMA (propriamente Sistema Integrato di Forex Management), basato sull’interazione tra esportatori ed importatori attraverso la mediazione degli istituti di cambio (tra cui la BCI stessa). Il NIMA, infatti, dovrebbe consentire agli importatori, sulla base della dichiarazione obbligatoria dei propri guadagni, di vendere alle banche la valuta straniera, che sarebbe così messa a disposizione delle aziende importatrici.

GLI IMPATTI SULLA CLASSE MEDIA

Nonostante gli sforzi messi in atto per cercare di tamponare il momento di difficoltà, il vero punto critico per il governo sarà la sostenibilità della manovra nel prossimo futuro. In primis perché l’effetto deflativo della moneta ha un impatto diretto sulla classe media iraniana, formata da commercianti, ma anche giovani professionisti e studenti, che hanno rappresentato lo zoccolo duro dell’elettorato del Presidente Rouhani alle presidenziali e della coalizione centrista alle ultime amministrative. Per questa fetta di popolazione, gli scambi con l’estero non sono solo l’occasione di arricchimento, economico e culturale, ma rappresentano anche il principio motore di quella nuova fase che sperano inizi per il proprio Paese e che li ha spinti fino ad ora ad appoggiare il programma politico pragmatista. Il gradimento di questi gruppi nei confronti dell’operato del governo è già stato messo a dura prova dagli scarsi risultati ottenuti dalla rielezione di Rouhani nel maggio 2017.

GLI INTERVENTI DELL’ESECUTIVO

Oltre alle già menzionate difficoltà nel riprendere effettivamente gli scambi con l’estero, l’esecutivo ha dovuto ridimensionare considerevolmente anche le proprie idee in materia di riforma delle voci di spesa interne, per potersi assicurare l’approvazione del Parlamento rispetto alla proposta di budget statale per il prossimo anno. Rispetto a quanto annunciato in precedenza, infatti, Rouhani è riuscito solo parzialmente a ridimensionare l’allocazione di fondi destinati all’erogazione dei sussidi statali e al mantenimento delle organizzazioni religiose, misure che avrebbero liberato risorse a vantaggio di una maggior razionalizzazione delle finanze.

IL BUDGET

Per quanto riguarda la politica sussidiaria, il nuovo budget prevede l’allocazione di 300 trilioni di rial, sufficiente a garantire mensilmente all’incirca 450,000 rial a 55 milioni di iraniani (su una popolazione di 81 milioni). Nonostante il sussidio statale sia sempre stata una scelta pagante in termini di consenso popolare, soprattutto tra le fasce meno abbienti della popolazione, la necessità di alzare i prezzi su alcuni beni di consumo (quale benzina e diesel) per garantire la sostenibilità dei pagamenti per tutto il corso dell’anno può creare però del risentimento tra i consumatori. Allo stesso modo, l’inerzia del governo nel ridurre la spesa destinata ad enti o istituzioni religiose (seminari, università, fondazioni, siti culturali) ha contribuito ad alimentare l’insoddisfazione tra fasce di popolazione, che sembrano sempre meno propense a continuare a cedere il passo di fronte a quella rete di privilegi che imbriglia il Paese ormai da tre decenni.

(estratto dal report Cesi sulla situazione economica dell’Iran; il report integrale si può leggere qui)

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