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Il Coronavirus vivisezionato da Forchielli

Portata, effetti e scenari economici del Coronavirus secondo Alberto Forchielli intervistato da La Verità di Belpietro

(Breve estratto di una lunga intervista del quotidiano La Verità ad Alberto Forchielli, manager e imprenditore attivo anche in Asia)

I cinesi come l’hanno presa? Panico per le strade?

Sono sicuramente preoccupati, ma restano composti. Quella non è gente che si fa prendere dal panico.

Il governo di Pechino ha nascosto il virus per settimane?

Si è mosso tremendamente in ritardo. I primi casi si sono registrati ai primi di dicembre, ma fino al capodanno cinese non hanno detto nulla a nessuno. Hanno spostato milioni di persone. Cose mai viste. La situazione è sfuggita di mano, alimentando anche la sinofobia, la psicosi del cinese.

La quarantena funziona?

Per ora sì. Il 97% dei contagiati resta nella provincia di Wuhan. Anche se il numero reale è molto più grande di quello che ci viene comunicato.

Grande quanto?

La verità è che siamo intorno agli 80 mila contagiati. Ci sono anche delle difficoltà tecniche che impediscono di fare il conto correttamente.

E quanto durerà l’emergenza sanitaria? Alcuni virologi sostengono che si assisterà al picco verso la fine di marzo.

Io invece dico che andremo avanti almeno fino all’estate. Sempre se non sopravvengono brutte notizie.

Parliamo delle ripercussioni economiche. Stiamo assistendo a un disastro?

Un disastro annunciato.

Perché “annunciato”?

Perché i mercati degli animali vivi, da dove è partito tutto, sono l’essenza della struttura agricola cinese. Un po’ come quando, 70 anni fa, i contadini italiani che avevano 4 polli, ne portavano 2 al mercato. E lì che la campagna arretrata incontra la città moderna. Ed è lì che nascono le infezioni.

E non si può rimediare?

Mica puoi impedire agli agricoltori di andare al mercato. Cosa fai, seghi le gambe a 500 milioni di contadini, che vivono su 100 milioni di ettari? Dove li metti? Si prospetterebbe anche un enorme problema sociale.

Quindi quello del virus è un problema che in Cina è destinato a ripetersi?

Certo che si ripeterà. Del resto questa è la terza epidemia, dopo l’aviaria e la Sars.

Quanto è pesante la botta per l’economia cinese?

Enorme, perlomeno nel breve periodo. Aspettiamoci un calo anche di 10 punti di pil. È uno scenario plausibile, quando il consumo di petrolio crolla del 25%.

E poi cosa succede?

Poi, se l’emergenza durerà, come credo, circa sei mesi, ci sarà una ripartenza. Dopo le grandi tragedie, siano esse terremoti, tsunami o epidemie, arriva sempre il rimbalzo. Però il Coronavirus lascerà comunque un segno indelebile.

Quale?

Il colpo mortale all’immagine dell’efficienza cinese. Pechino si sta presentando al mondo come esportatore di malattie, con gravissimi problemi ambientali e agricoli. Questa sì che è una ferita permanente.

E dopo il virus?

Dopo il virus, in aggiunta, la Cina si presenta come un paese poco affidabile verso cui rifornirsi. Insomma, un produttore che vuole usare la Cina come mercato di export, ora si fa una domanda: posso andare a lavorare in un Paese dove ogni 5 anni scoppia una pandemia?

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