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Perché l’India flirta con Putin e delude Biden

L'India sta offrendo una sponda economica alla Russia per aggirare le sanzioni. Ecco perché. L'articolo di Tino Oldani per Italia Oggi.

 

L’aggressione militare della Russia di Vladimir Putin contro l’Ucraina sta ridisegnando la mappa geopolitica a livello globale. La Nato (30 paesi guidati dagli Stati Uniti) è ora più unita che mai a sostegno di Kiev. Idem l’Unione europea. Isolata, invece, la Russia di Putin, dopo che l’Assemblea generale dell’Onu ha votato a stragrande maggioranza la risoluzione che condanna Mosca per l’invasione dell’Ucraina con 141 voti a favore, cinque contrari (Russia, Bielorussia, Corea del Nord, Eritrea, Siria) e 35 astenuti, tra cui Cina e India. L’astensione di quest’ultimo paese, il secondo al mondo per numero di abitanti (1,3 miliardi) dopo la Cina (1,4 miliardi), stando agli analisti americani, ha sorpreso e deluso non poco il presidente Usa, Joe Biden. I motivi sono più d’uno.

Soltanto pochi anni fa, nel 2018, l’India di Narendra Modi aveva contribuito a rivitalizzare in chiave anti-Cina il dialogo-alleanza nell’Indo-Pacifico denominato Quad (Quadrilateral Security Dialogue), stipulato nel 2007 insieme a Stati Uniti, Australia e Giappone, con l’obiettivo di contrastare l’influenza di Pechino nell’area, considerata il nuovo cuore pulsante dell’economia mondiale. Ma ora, con il voto di astensione all’Onu sull’invasione russa dell’Ucraina, l’India ha chiuso la porta al Quad, si ritrova di fatto a fianco della Cina, benché sia sua rivale per mille ragioni territoriali, e offre addirittura una sponda economica alla Russia per aggirare le sanzioni economiche imposte da Usa e Unione europea.

Come funzioni questa sponda lo ha spiegato il Financial Times: la Banca centrale indiana (Reserve Bank of India), d’intesa con il governo di Narendra Modi, si sarebbe attivata per consentire ad alcune banche indiane con filiali in Russia, e a banche russe con filiali in India, di aggirare l’espulsione della Russia dal sistema dei pagamenti Swift mediante lo scambio rubli-rupie. Una misura caldeggiata dall’associazione indiana delle imprese esportatrici (200mila associate), che hanno intravisto nell’isolamento della Russia da parte dell’Occidente l’occasione per entrare con successo in un nuovo mercato. L’obiettivo sarebbe di far crescere gli scambi commerciali tra India e Russia dagli attuali dieci miliardi di dollari a 30 miliardi l’anno nel giro di quattro anni.

A guadagnarci sarebbero entrambi i paesi. Attualmente, l’export russo è circa il doppio di quello indiano. La Russia acquista per lo più prodotti farmaceutici, tè e caffè, e vende all’India petrolio, fertilizzanti e, soprattutto, armi. Tra il 2016 e il 2020 l’India si è impegnata ad acquistare armi russe per 6,6 miliardi di dollari, che coprono il 60-70% del suo equipaggiamento militare. Nelle forniture russe ci sono armi di ogni tipo: sistemi di difesa S-400, caccia Sukhoi Su-30, Mig 29, elicotteri, aerei da trasporto Antonov, carri armati T-29 e T-90 (gli stessi impiegati in Ucraina), fucili d’assalto kalashnikov, più un sottomarino nucleare dato in affitto.

In passato, l’India di Modi era un forte acquirente di armi degli Stati Uniti, ma poi ha cambiato strategia sia in politica che negli armamenti: così è passata dal tradizionale «non allineamento» indiano, introdotto da Nerhu, all’attuale «autonomia strategica», che pone in primo piano l’indipendenza e l’autosufficienza e rende l’India libera di avere partnership con qualsiasi paese. Da qui i legami sia con gli Stati Uniti che con la Russia, da ultimo soprattutto con quest’ultima.

Sull’avvicinamento dell’India a Mosca, oltre agli acquisti di armi, hanno giocato anche quelli di petrolio. L’India importa l’80% del suo fabbisogno petrolifero, di cui quello russo copriva finora il 2-3%. Ma dopo la recente impennata dei prezzi sul mercato mondiale, Mosca ha offerto al governo Modi petrolio scontato del 20%, subito accettato, il che porterà in pochi anni all’8% la dipendenza energetica dell’India da Mosca.

Non va poi trascurato il ruolo di mediazione svolto dalla Russia nel contenzioso territoriale tra India e Cina relativo ai loro confini, che dura da anni. I primi colloqui tra i due paesi in merito si sono svolti a Mosca prima della invasione dell’Ucraina, con Putin nel ruolo di mediatore per evitare un conflitto armato. Una vicenda che spiega molte cose, compreso il voto di astensione dell’India all’Onu sull’invasione dell’Ucraina.

«Nessuno dovrebbe stupirsi che l’India continui a stare con la Russia», ha scritto sul sito di Al Jazeera il danese Somdeep Sen, studioso di geopolitica e docente all’università di Roskilde, in Danimarca. «L’India vuole mantenere un rapporto positivo con la Russia perché ha bisogno del sostegno di Mosca per risolvere i suoi conflitti territoriali con i vicini, in particolare con la Cina. New Dehli vuole anche continuare a godere del sostegno economico e militare della Russia, poiché la Russia ha ripetutamente sostenuto l’India alle Nazioni unite su questioni come il Kashmir, e molti indiani si sentono come se ora fosse il loro turno di restituire il favore».

Stando alle cronache, il presidente Usa, Joe Biden, avrebbe definito «un po’ traballante» la posizione dell’India sull’invasione dell’Ucraina, con un voto all’Onu di astensione che lo ha sorpreso non poco.

Un buffetto verbale che rivela delusione politica, ma niente più. Sarebbe stata opportuna, invece, anche una doverosa autocritica: è urgente che la diplomazia Usa corra ai ripari quanto prima nell’Indo-Pacifico se non vuole che «la democrazia più grande del mondo», come ama definirsi l’India, finisca per fare stabilmente da sponda alle due autarchie più ostili verso le democrazie dell’Occidente.

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