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Europa

In Europa c’è un clima da anni Trenta?

Il Bloc Notes di Michele Magno

 

In Europa c’è un clima da anni Trenta e crescono piccoli Mussolini, come ha affermato tempo fa il commissario Pierre Moscovici? Ammettiamo pure che abbia esagerato. Ma se l’inquilino del Colle ha avvertito il bisogno di ribadire che nessuno è al di sopra della legge, significa che in Italia c’è qualcuno il quale, ritenendo di essere l’arbitro assoluto della propria condotta, confonde lo stato di diritto con lo stato di eccezione, Montesquieu con Carl Schmitt.

La verità è che non solo nelle crisi economiche e sociali, ma anche nei periodi in cui è più alto il discredito della classe politica nasce l’invocazione dell’uomo forte. E i seguaci dell’uomo forte sono inclini a giustificare qualche “strappo alle regole”, purché serva a difendere il popolo dai nemici interni ed esterni, restituendo al paese ordine, sicurezza, sovranità.

“Un uomo forte come Richelieu/ci porterebbe tutti quanti in porto”, è la filastrocca che veniva cantata nelle bettole parigine alla vigilia del colpo di stato del brumaio (dicembre) 1799. A quel primo modello di stampo napoleonico si sarebbero poi ispirati molti protagonisti dei vari totalitarismi fioriti nel Novecento. Tuttavia, qualsiasi distinzione si voglia fare in materia di totalitarismo, il contrasto con il liberalismo e con la democrazia rimane irriducibile. Purtroppo, è un concetto che oggi non sembra emozionare più di tanto la maggioranza degli elettori italiani.

Beninteso, il regime parlamentare non è preclusivo rispetto all’idea del “capo”. La sua storia è costellata di capi che hanno riscosso l’ammirazione e la devozione dei loro concittadini. Ma il capo è democratico, come ha osservato il compianto Giuseppe Galasso in un aureo pamphlet (“Liberalismo e democrazia”), solo se inscrive se stesso e la propria azione nella logica e nelle forme della democrazia, non se fa il contrario e inscrive la logica e le forme della democrazia in quelle della propria azione e dei suoi fini. Se si comporta così, che il capo sia denominato duce, führer o semplicemente “capitano”, conta poco.

In ultima analisi, l’uomo forte è un mito che riflette sempre una condizione di stallo della vita democratica. Ad essa si può reagire, parafrasando il titolo di un celebre libro di Albert O. Hirschmann (“Lealtà, defezione, protesta”), denunciandone i rischi o disinteressandone. C’è però anche una terza possibilità: il silenzio. A ben guardare, il silenzio -per codardia o per convenienza- è la massima espressione di lealtà verso chi detiene il potere, la vera alternativa sia alla defezione che alla protesta. Sia chiaro: ogni riferimento a quei gagliardi costituzionalisti e intellettuali di sinistra che hanno combattuto una epica quanto assordante battaglia contro la deriva autoritaria del renzismo non è puramente casuale.

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