Se Bertoldo è passato letterariamente alla storia per la furbizia di sottrarsi alla forca reclamando il diritto di scegliere quella alla quale lasciarsi appendere, Ilaria Salis rischia di passare più modestamente alla cronaca politica, per giunta col consenso del padre, almeno secondo le ricostruzioni della maggior parte dei giornali, per una Bertolda al contrario. Che ha trovato abbastanza in fretta la forca buona.
L’accettazione della candidatura alle elezioni europee offertale dalla sinistra cosiddetta radicale, che ha tutto da guadagnarne in visibilità e ha colto l’occasione offertale dal ripiegamento del Pd di Elly Schlein su questo percorso che il manifesto definisce “di emergenza”, rischia di diventare la scelta, appunto, della forca a cui lasciarsi appendere nella sua disavventura giudiziaria in Ungheria. Dove è sotto processo già da detenuta, e da un bel po’ di tempo, con l’accusa di avere pestato dei dimostranti.
Già poco sensibili, a dir poco, alla difesa pubblica di Ilaria da parte del presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella e alle iniziative assunte dietro le quinte, ma neppure tanto, dal governo nelle persone della stessa premier, in ottimi e motori rapporti anche personali con l’omologo ungherese Viktor Orban, e del ministro degli Esteri Antonio Tajani, magistrati e politici di Budapest, separatamente o insieme che siano, non cambieranno certamente opinione e atteggiamento di fronte alla scelta politica della Salis di candidarsi al Parlamento europeo nelle liste dei verdi e rossi dello stivalone nazionale. Che peraltro nei sondaggi non sono poi messi così bene da far temere più di tanto a Budapest la sua elezione e l’obbligo, a quel punto, di rilasciarla, salvo irrigidimenti nei rapporti già tesi che l’Ungheria tiene e coltiva con l’Unione Europea di cui pure fa parte.
Se poi dovesse mancare l’elezione, la candidata si troverebbe in una emergenza superiore a quella sulla quale hanno titolato i suoi amici al manifesto. Ma amici, anzi compagni, forse più della sinistra radicale che della candidata caduta in quella che potrebbe rivelarsi una trappola piuttosto che un’offerta o, comunque, una via di uscita dal carcere. In cui la Salis trascorre l’attesa della sentenza e della conoscenza, probabilmente, del numero di anni che dovrà ancora attendere per uscirne.
Comunque, in bocca al lupo per la nostra connazionale, pur con poca speranza che il lupo possa crepare, come si dice in queste occasioni.